martedì, settembre 22, 2015

Una nuova dimora

La maschera simbolo di Biancorosso Giappone
Cari amici di Biancorosso Giappone,

Oggi vi scrivo a mo' di lettera perché in realtà questa è una lettera che compongo per tutti voi.

Vi scrivo innanzitutto per dirvi grazie per il vostro instancabile supporto. Molti di voi mi leggono da anni, forse addirittura dall'autunno del 2006 quando questo blog ebbe inizio.
Altri si sono aggiunti strada facendo. 

Molti di voi conoscono molto bene Biancorosso Giappone e conoscono altrettanto bene questa storia che io, in realtà, non ho ancora finito di raccontare.

Ma siete tutti i benvenuti qui. Lo sono i lettori storici e quelli invece più recenti.

Vi scrivo anche per dirvi che, proprio come avviene in certi momenti della vita in cui ciò diventa necessario, Biancorosso Giappone sta traslocando. Sta ordinatamente riponendo tutti i suoi articoli, le sue ricette, i suoi aneddoti, le sue riflessioni, le sue nostalgiche osservazioni, i suoi ricordi, le sue descrizioni, le sue stille d'anima e i suoi piccoli tesori del bazar in un grande furoshiki viola che poi annoderà amorevolmente. 

Ma questo prezioso pacchetto non rimarrà nascosto in un angolo buio e dimenticato, ma riavrà un suo posto in una nuova dimora.

Perché vedete, è arrivato il momento di ricominciare per davvero. 

Ricordo ancora l'ultimo giorno nella mia amata casa bianca e blu a Sagamihara. 

Oramai era vuota. Tutti i mobili e gli oggetti che avevano fatto parte della mia vita quotidiana fino a quel momento erano scomparsi. O meglio, erano stati faticosamente e dolorosamente avvolti in strati quasi infiniti di plastica con le bolle e infilati in grossi scatoloni che non avrei più rivisto.

Ma nella casa, in quel triste ed ultimo giorno della mia vita giapponese nel quartiere di Shindo, era rimasta nell'aria una fragranza che sapeva di vita. Quel profumo, lo ricordo bene e lo rievoco nitidamente in questo istante mentre scrivo, si mesceva armoniosamente con la fragranza del legno chiaro della lunga scala dritta che portava al piano di sopra dove vi erano due camere da letto, uno studio, un bagno ed un curioso ma solitario lavandino buffamente posizionato in un angolo stretto, tra la ringhiera e il muro.

Quella scala, come anche gli eleganti pavimenti di legno chiaro, non aveva mai smesso di profumare l'aria di casa.

Quel legno emanava una fragranza dolce, rassicurante, confortante.

Andai in ogni singola stanza a fare una cosa che faccio da sempre e che non so come sia iniziata. Quando vado via, per sempre oppure per un periodo lungo o non definito, sono solita dire semplicemente "CIAO CASA!".

Saluto la casa rievocando alcuni tra i momenti più belli vissuti in essa. 

E così ho fatto nella mia casetta a Shindo. Stanza per stanza. Con le mani toccavo delicatamente un pezzo di parete, di ringhiera, di porta, di finestra e nel cuore gioivo e mi struggevo contemporaneamente. 

Certo, se avessi saputo ciò che mi sarebbe aspettato di lì a non molto probabilmente mi sarei seduta su uno di quei gradini della grande scala di legno e mi sarei aggrappata a quella ringhiera grigia scolpita e che vedevo sempre entrando in casa. E mi sarei rifiutata di muovermi da lì.

Ma tutto avviene per un motivo ben preciso ed è bene che in quel momento io non sapessi che cosa sarebbe accaduto.

Mi sono chiusa alle spalle la pesante porta di metallo bianca dell'ingresso e a passo mesto ho lasciato dietro me la mia casetta bianca e blu di Shindo, il mio giardinetto, la lunga finestra rettangolare della cucina da cui vedevo le lanterne blu estive dei miei vicini, il mio studio con le finestre perennemente accarezzate dai rami di grandi alberi che mutavano col variare delle stagioni.

E chiudendomi quella porta alle spalle avrei trovato, molto al di là di essa, tante cose. Il mio Paese profondamente cambiato, il mio quartiere, l'abbandono, il dormire senza un letto, le tasche vuote, la vergogna, inaspettati gesti generosi, amici, nemici, persone profonde, persone aride, persone sciocche, persone inaffidabili, fiori, pugnali, sorrisi, sputi, lacrime, confusione, paura, coraggio, studio, oggetti, idee, fede e poi Dio. E poi di nuovo la rinascita, l'amore e la forza per lottare e far sì che si possa ritornare in piedi. 

Biancorosso Giappone vuole continuare a raccontare. E' un progetto a cui voglio dare una possibilità perché ci credo. E ci credono tante altre persone che in questi anni non mi hanno voltato le spalle.

I nomi di chi vorrei ringraziare sono tanti. Ne elenco alcuni, senza un ordine preciso.

Mohammed, Saku-chan, Akiko, Kanai-sensei, Cristina, Annalisa, Giulia, mamma e papà, Valentina, Daiana, Khadija S., Maria T., Silvia, Valentina S., Angie, Silvana, Gabriel, Nour, Safiyya, Lamia, Salvatore, Carlo, Angela, Laura Imai Messina, Dea, Vanessa, Ashley, Alessandra D., Maria Teresa, Amina, Giada, Anna, Sara, Katy, Daniela, Karima, Sara, Mariella, Fabiana,Tiziana, Laura e tanti tanti altri. 

E in particolare, alcune di queste persone hanno contribuito a rendere possibile la mia nuova dimora.

Eccola QUA.

Ed è lì che, un po' per volta, trasferirò tutte le mie cose nel mio grande furoshiki viola. Certo, ci vorrà pazienza e ci vorrà un pochino di tempo prima che la mia nuova dimora sia completamente arredata ma non importa. Nel frattempo, ho già preparato alcuni comodi zabuton e del buon sencha con cui accogliervi. 

Vi aspetterò.

CIAO CASA!

sabato, agosto 08, 2015

Doni giapponesi e stille di sentimento

鰹節 Katsuo-bushi
Agosto, il mese che rappresenta il culmine della stagione estiva.

Basta pronunciarne il nome per rievocare nella mente, all`istante, immagini di assolate spiagge, di mari blu, di occhiali da sole, di fette d`anguria e di tanto, tanto caldo.

In questo momento scrivo queste parole lontana da Torino, da una piccola localita` sulla Riviera ligure, abbracciata dai fiori e da alte palme ondeggianti.
In momenti come questi vorrei quasi che il tempo si fermasse e che le pagine del calendario rimanessero immobili, senza rivelare ogni giorno un nuovo numero.

Sentivo una reale necessita` di allontanarmi un po` dalla mia citta` di cui, per quanto a me cara sia, iniziavo a sentire il peso sulle spalle.

Tanti giorni, tante ore, tanti volti, tanti odori, tanti cieli, tanti soli e tante lune. Era arrivato il momento di cambiare aria.

Sono qui, in una stanza in cui entra un venticello fresco e dove delle tende bianche danzano pigramente sospinte da questi capricciosi sbuffi d`aria.
Sono qui, in una sorta di semi-sonnolenza che pero` sa di ispirazione e di voglia di scrivere.

E allora con emozione ripercorro il ricordo della recente visita della mia cara e preziosa Akiko, a Torino e dei suoi incantevoli doni. Una parte di essi, in realta`, perche` gli altri probabilmente compariranno piu` in la`, nei prossimi articoletti.

In alto sinistra, ad esempio, vedete del delizioso 鰹節 katsuo-bushi, le scaglie di tonnetto bonito che rappresentano uno degli ingredienti principe del 和食 washoku.
A Torino, oramai, riuscire a trovare del katsuo-bushi di qualita` e` una vera sfida al tempo e al portafoglio. Nella zona dei negozi orientali di Porta Palazzo lo si trova solo in gigantesche confezioni destinate ai ristoranti, e comunque non di rassicurante qualita`, oppure sfuso ma talmente pessimo da non crederci.

Il katsuo-bushi si prepara esclusivamente con tonno bonito, una varieta` di tonno amatissima dai giapponesi ma non ben vista sulle tavole italiane.
Mi dicono pero` che qui in Riviera si prepara il tonno bonito sott`olio e pare sia delizioso, sebbene venga visto sempre come una sorta di tonno di serie B.

Tra i gustosi doni che sanno di Giappone, delle bustine di te` verde di qualita` da preparare in infusione a freddo:
Dolci e fragranti どら焼き dorayaki che Akiko ha portato in dono alla mia famiglia. La delicatezza delle confezioni e l`eleganza di quell`hiragana cosi` meravigliosamente bello ♥ e che recita つばらつばら tsubara-tsubara:
Pregiata alga nori dalla Prefettura di Saga (佐賀県 Saga-ken) e dell`alga konbu 利尻 rishiri da Hokkaido.


Rinomati e pregiatissimi 桜えび sakura-ebi, gamberettini, provenienti dalla famosa 駿河湾 Baia di Suruga, nella Prefettura di Shizuoka. Una vera prelibatezza che si adatta per impreziosire una zuppa di miso, per esempio.
Un 日めくりカレンダー himekuri-karendaa dall`aria molto retro` e che continuera` ad essermi utile anche oltre il 2015 perche` ogni pagina e` stracolma di cose nuove da imparare, in particolar modo proverbi e modi di dire.
Tra i regali che Aki-chan mi ha portato e che mi ha commossa profondamente e` stato questo:
Un libro che avevo e che ho perso. Beh no, in realta` non l`ho perso nel vero senso della parola: mi e` stato sottratto e quindi non era piu` nella mia vita.
E` uno dei miei libri preferiti al mondo e ne sentivo la mancanza come non potete immaginare. Lo so, forse e` terribilmente sciocco sentire la mancanza di un libro, ma questo volume per me e` speciale perche` racchiude - in un sol colpo - tanti elementi che amo e di cui sono molto appassionata: la cucina giapponese tradizionale, la societa` nipponica nel Periodo Edo, le abitudini quotidiane alimentari di quella gente cosi` temporalmente distante da noi le cui impronte pero` sono ancora cosi` nitide.

Rivedere quel volume, che naturalmente e` una copia di quello che avevo, mi ha fatta trasalire dall`emozione proprio come quando si rivede una persona cara dopo tanto, ma veramente tanto tempo.

Rivedere Akiko e` stata un`emozione molto forte perche` lei oramai e` una parte della mia famiglia. Lo e` da anni.
Sono grata per aver potuto trascorrere quei giorni con lei; per aver potuto stare in sua compagnia passeggiando per la bella Via Mensa di Venaria; per aver passeggiato con lei per la caotica Via Napione a Torino e per aver potuto offrirle un modestissimo caffe` nella mia piccolissima cucina.

Ritrovo refrigerio dal caldo aiutandomi col mio うちわ uchiwa che pero` non ama star solo ma vuole la compagnia del suo fratellino gemello:

Uchiwa senior fu un mio acquisto in un antico vicolo di Asakusa, in una bottega di un artigiano che produce uchiwa da, probabilmente, una vita. M`innamorai degli ombrelli di foggia Edo e che forse, chissa`, richiamarono alla mia mente memoria di rinfrescanti piogge.

Uchiwa junior, invece, fu un mio capriccioso acquisto nel sotterraneo della grande stazione ferroviaria di Yokohama, da まめぐい Mamegui.

Ritorno ad annusare l`odore del mare. Ne ammiro la superficie ritmata e che riflette, come gemme luccicanti, i raggi del sole.

Rimanere seduti, nel buio della notte, sulla spiaggia lasciando che il proprio sguardo si perda nell`oscurita`. Aspettare che i propri occhi inizino a mettere a fuoco quell`eterno manto di velluto neroblu cosparso di diamanti a forma di stelle ed ammirarne il numero infinito.

In quel buio che profuma di salsedine e di alghe i pensieri volteggiano rapidamente, interrotti soltanto dalla vista di una luce di qualche peschereccio solitario che, come una di quelle tante luccicanti stelle lassu`nel cielo, vaga in quel mare speculare. 

mercoledì, luglio 29, 2015

Mugicha artigianale del mio ritorno...e un ricordo!

Il mio 麦茶 mugicha artigianale.
Osservo, con stupore misto ad imbarazzo, il tempo trascorso dal mio ultimo aggiornamento.

Eppure questo blog e` costantemente nei miei pensieri per varie ragioni.

Se penso a quanto ho fatto in questi mesi, se non avessi la data del mio ultimo post ed una basilare cognizione del tempo, penserei di essere stata via per un anno o piu`.

Sono passati mesi dalle mie ultime parole, scritte mentre avvolta nel freddo e con solo il tepore di abiti pesanti e di un termosifone.

Queste parole di oggi, invece, sono appesantite dal caldo estivo di fine luglio quasi agosto, con quel sole che sembra impregnato di un`euforia che non va mai via.

E se penso a quanti articoletti ho abbozzato in questo lungo periodo di assenza mi viene da sorridere.

Ho preparato tante foto e mentalmente tanti testi che, superato questo iniziale imbarazzo dovuto al mio improvviso ritorno estivo, pubblichero` nelle prossime settimane.

Uno dei sapori che conservo ancora dentro di me con una tale nitidezza da riuscire a rievocarne il ricordo ogniqualvolta io lo desideri e` il sapore del 麦茶 mugicha, ossia il te` d`orzo tostato.

Il mugicha e` uno degli elementi essenziali della vera estate giapponese. E` infatti nella stagione calda che si predilige molto questa sana bevanda che comincia a comparire sui menu` dei ristoranti e nei frigoriferi dei supermercati e コンビニ konbini o convenience stores.

E` un te` nel senso che l`orzo viene consumato dopo averlo messo in infusione in acqua, ma non contiene le foglie di camellia sinensis, la pianta del te`.

Dedicai un articoletto al mugicha molto tempo fa, naturalmente qui su Biancorosso Giappone, la mia casa con le fondamenta di emozioni. Ecco qui.

Durante le mie torride, umide, pesanti, spesso irrespirabili giornate estive giapponesi spesso l`unica fonte di refrigerio era in un bicchiere di dissetante mugicha.

Il suo sapore e` molto simile al caffe` e se vi piace il gusto dell`orzo quasi sicuramente apprezzerete questa amata bevanda dalle proprieta` purificanti oltre che dissetanti.

Da quando sono tornata a Torino la ricerca di ingredienti giapponesi di qualita` (e non certe sino-oscenita` travestite da prodotti nihonsei) rappresenta puntualmente una sfida sia per la mia pazienza che per il mio portafoglio non particolarmente pingue.

Bisogna quindi, e non che questo mi dispiaccia, ingegnarsi ed inventarsi qualcosa.

La voglia di acquietare la mia sete con un bel bicchiere di mugicha in queste giornate di afa torinese e` stata presto disturbata dalle gia` previste difficolta` nel reperire le mitiche bustine da tuffare direttamente in acqua fredda e che sono pressoche` ovunque in Giappone.

Una veloce ricerca sul web mi ha portata subito e dritta alla pagina di una blogger americana che scrive di Giappone: La Fuji Mama. Tra i suoi post, ne ho trovato uno dedicato proprio alla preparazione artigianale dell`agognato mugicha.

Ho variato leggerissimamente la dose dell`orzo, ma per il resto il procedimento seguito e` esattamente il medesimo.

Vediamo.

Ingredienti per un 麦茶 artigianale

circa 100g di orzo perlato
2 litri d`acqua fresca


Ho utilizzato dell`orzo perlato laziale.

L`ho messo in una padella, a secco, a tostare a fiamma media per circa dieci minuti.

Bisognerebbe mescolare con una certa frequenza per assicurare che i chicchi si tostino in maniera uniforme.
Dopo una decina di minuti il mio orzo aveva assunto questa deliziosa tonalita` marroncina:


Ho trasferito l`orzo in un recipiente perche` si raffreddasse.
Per sveltire un po` il raffreddamento dell`orzo fumante, ho trasferito il tutto in un altro piatto e mi sono aiutata alla vecchia maniera: con il mio うちわ uchiwa.

Nel frattempo, in una pentola capiente, ho messo a bollire i due litri d`acqua fresca. Iniziato il bollore, vi ho versato l`orzo che aveva finalmente raggiunto una temperatura ambiente.

Ho abbassato la fiamma al minimo e ho lasciato che il tutto sobbollisse lentamente per venti minuti. Dopodiche` ho spento il fuoco e ho lasciato riposare per altri cinque minuti.

Ho filtrato il composto e versato il mugicha in una caraffa che, una volta raffreddata, ho riposto in frigorifero.

L`orzo tostato rimasto e` finito in insalata.

Certo, ho dovuto aspettare che il mio mugicha diventasse bello freddo per poterlo assaporare, ma si sa...le cose buone richiedono pazienza e tempo.

Verdetto: e` certamente il mugicha che ricordavo anche se il sapore era molto piu` delicato e privo di quella nota molto caffettosa che generalmente contraddistingue il parente nipponico.
Immagino che sia possibile migliorare il risultato partendo dall`orzo macinato sottoposto, successivamente, a tempi di tostatura ed infusione maggiori.

Nel frattempo pero` provero` ad andare a curiosare nelle botteghe di alimentari orientali di Porta Palazzo nella speranza di trovare del mugicha, magari coreano, gia` pronto per l`infusione.

Termino ricordando, con la consueta e forte nostalgia, il mugicha che assaporavo da Seigetsu, proprio a due passi da casa.
Me lo servivano in spesse tazze verdi e alte la cui superficie, puntualmente, s`imperlava di goccioline fredde.
A sorsi assaporavo quella bevanda cosi` corroborante e rinfrescante, sospiravo, mi guardavo intorno e interiorizzavo i sapori e gli odori di quella locanda a me cosi` cara dove, ogniqualvolta vi entravo, venivo accolta come un membro della famiglia.

Nel desiderio di amplificare il mio ricordo dando ad esso una dimensione piu` tangibile, vi regalo alcune foto del mio amato Seigetsu e del suo interno. Era li` che io mi sedevo. Era li` che mi guardavo sempre intorno con occhi riposati e col cuore sereno. Era li` che la signora, con la sua curiosa capigliatura riccia di foggia un po` Showa e dei campanellini attaccati alla tasca del grembiule, mi portava dapprima il menu` in inglese passando poi definitivamente a quello normale in giapponese e decisamente piu` ricco e completo.


Era li` che io arrivavo, sempre con emozione. Era li` che percepivo il profumo del tenpura e del miso.
Il famigliare bancone dietro cui trovavo sempre volti sorridenti che mi accoglievano sempre con grande affetto.
La saletta col tatami. Quello era il tavolo preferito del cliente misterioso che sembrava nutrirsi solo di birra. Ve lo ricordate?
Il 招き猫 maneki-neko di Seigetsu.
E questi due meravigliosi oggetti laccati antichi che erano sempre li`, nello stesso punto, in esposizione a quei pochi occhi che forse li ammiravano con curiosita` e affetto.

lunedì, gennaio 26, 2015

Gemme di gennaio

Una bevanda di nome Mogu Mogu
Gennaio e` quel mese a cui piace trattenersi a lungo.

Se ne arriva avvolto in abiti pesanti, con in testa un berrettone bianco e ai piedi degli stivali imbottiti e abbelliti da bambineschi pom-pom dello stesso colore del suo berretto.

Si accomoda davanti al caminetto, possibilmente spaparanzandosi su una poltrona accogliente, e inizia a intessere racconti di storiche nevicate, di rocambolesche avventure in gelide bufere, di desolanti paesaggi cristallizzati in glaciali cornici.

Il tutto agitando le mani, come faccio sempre io senza quasi mai accorgermene. O meglio, me ne accorgo nel momento in cui noto come lo sguardo dei miei interlocutori inizi a seguire le rotazioni e i volteggi delle mie mani.

Nell`interminabilita` che e` tipica di gennaio, ho vissuto con serenita` le settimane dal mio ultimo post.

A parte qualche singhiozzo qua e la`, un forte raffreddore da cui solo ora mi sto riprendendo, per il resto tutto e` stato dolcemente tranquillo e piacevole.

Ho ricevuto, ad esempio, l`ennesima conferma di come sia sempre il Giappone a seguirmi ovunque io vada, spesso senza che vi sia da parte mia la volonta` di essere seguita.

In che modo?

Attraverso questa scatola di cioccolatini ricevuta in regalo dalla mia cara amica Dea.


Sono i cioccolatini della Morozoff, uno storico marchio giapponese fondato da un cioccolataio russo nei primi del secolo scorso.

Dea, la mia cara e buona amica, ad una cena in Francia ha incontrato delle persone che erano da poco ritornate dal Giappone. Il periodo di festa li aveva spinti a portare pensieri gentili da portare ai loro amici e conoscenti.

E tra i pensieri c`erano appunto le scatole di metallo rosa della Morozoff, con all`interno questa cioccolatosa meraviglia:

Vedendo l`etichetta sul retro, scritta naturalmente in giapponese, Dea ha pensato che avrebbe dovuto portare una di queste bellissime scatoline rosa di Morozoff anche a me!

Assieme ai cioccolatini giapponesi, Dea - che come gia` ho raccontato in precedenza - e` pittrice e scultrice (qui il suo sito), mi ha anche fatto un dono speciale e assolutamente prezioso.

Se avete mai ricevuto in dono qualcosa da un artista, allora saprete cosa intendo.

Un artista esprime se stesso attraverso le proprie opere ed ognuna di esse contiene qualche fibra del suo essere.

Ricevere, dunque, in regalo un`opera significa effettivamente entrare in possesso di una parte di quella persona.

Le foto che ho non possono minimamente mostrare la bellezza strabiliante del dipinto ad olio raffigurante una giovane geisha-san che Dea ha deciso di donarmi.

Provero` a scattare foto migliori, cercando di sfruttare angolazioni piu` clementi che riescano a mostrare la bellezza di questo suo dipinto.

Una delle gioie che questo blog mi ha portato negli anni e` stata la possibilita` di poter conoscere persone a me affini.

In particolar modo, da quando sono ritornata in Italia e ho ripreso a scrivere, mi e` capitato diverse volte di ricevere inviti per un caffe` e due chiacchiere da parte di affezionati lettori e lettrici di Biancorosso Giappone.

Inviti che arrivano da chi abita a Torino oppure da chi a Torino ci arriva per curiosita` o per affari.

E` un qualcosa che, onestamente, mi stupisce sempre.

Mi sorprende il fatto che ci siano persone davvero interessate a conoscermi ed emozionate all`idea di parlarmi!

Mi sorprende, tutto questo, perche` in fondo sono solo io.

E proprio giovedi` scorso ho avuto il grande onore di conoscere una dolcissima persona che mi legge penso da molto tempo.

Venendo a Torino per turismo, ha subito pensato a me e mi ha chiesto - attraverso un messaggio che lasciava trasparire una certa emozione - se mi avesse fatto piacere incontrarla.

Ho accettato con gratitudine!

E cosi` ho potuto conoscere questa cara ragazza di nome Cristiana che un treno, da Venezia, ha portato fin qui nella mia dolce e malinconica Torino dove un freddo e timido sole l`ha accolta facendo brillare il pallido color vaniglia degli edifici di Piazza Vittorio Veneto.

Abbiamo trascorso insieme alcune ore mentre io, col mio solito passo a meta` tra lo svelto e l`esitante, l`ho portata a curiosare tra i quartieri a me piu` cari della citta`, passando per storici negozi colmi di delizie piemontesi fino ad arrivare alle botteghe di prodotti orientali.

Ed e` proprio nel frigorifero di una di queste botteghe (la mia prediletta, per chiunque passasse da li`: Tan Than di Via delle Orfane 29) che la mia attenzione e` stata catturata dalle bottiglie di Mogu Mogu, una bevanda tailandese al gusto cola e contenente cubetti di nata de coco.

Insomma, una bevanda che si beve e si mangia. Da questo, penso, derivi il nome giapponese もぐもぐ mogu-mogu, una parola onomatopeica che indica proprio il rumore che si fa quando si mastica del cibo. Tipo il nostro ciomp-ciomp, ecco.



E come tutte le persone che questo blog mi ha permesso di conoscere, anche Cristiana e` stata cosi` generosa da portarmi dei doni davvero molto speciali, cosi` tanto da chiedermi se veramente io meriti queste gocce di cuore.

Come questi biscotti che mi ha spiegato si chiamano essi, per via della loro forma.

Emanano la fragranza scaldacuore delle cose buone, fatte in casa, da una persona limpida.


Sanno proprio di buono, di semplicita`, di una cucina dove riflette un sole pulito che tiene per mano un cuore cristallino e generoso.

Tra i doni di Cristiana, ecco un oggetto che ho amato follemente al primo sguardo:


Un`incantevole coppa in vetro di Murano, prodotta nella sua azienda di famiglia il cui sito vi invito a visitare: Ars Cenedese.

Striscioline rosa che, come le dolci venature di un lecca-lecca, s`intrecciano fra di loro fondendosi in un cremoso abbraccio col vetro trasparente.


Porto nel cuore ora il ricordo di questa ragazza di nome Cristiana, dagli occhi bellissimi, dalla voce allegra e impreziosita dal suo melodioso accento veneto.

E gennaio, nella sua interminabilita`, mi ha portato anche due nuove amicizie!

Per caso, spinta dalla mia solita e mariannesca curiosita`, ho scoperto un giorno che nel mio quartiere era stato aperto un negozio di biocosmesi.

Ero alla ricerca molto intestardita di prodotti realmente naturali, senza ingredienti di origine animale e che fossero realmente adatti alla mia pelle.

Il mio percorso interiore e spirituale mi ha portata ad eliminare consapevolmente molto superfluo estetico: i troppi gingilli da mettersi addosso, i troppi belletti con cui impastricciarsi, il troppo di tutto che appesantisce e nasconde chi sono per davvero.

Sono ritornata.
E sono ritornata alle cose di base, alle radici, alla semplicita` e ne sono immensamente felice.

Ed esplorando questo negozio di biocosmetica, ho scoperto che era stato aperto da pochissimo.

Le due ragazze proprietarie sono due persone con cui si e` instaurata una simpatia istantanea. Le ammiro per la loro tenacia, il loro coraggio, la loro voglia di mettersi in gioco e di non farsi intimidire da chi cerca di sminuire il tuo sogno.

Le ammiro per la loro grinta, il loro sapere, i loro sorrisi, la loro gentilezza genuina, la loro umilta`.

Il loro incantevole negozio si chiama La Dama Verde ed e` realmente il posto giusto per chi cerca prodotti scelti con buonsenso, con cuore, con criterio, con lungimiranza e saggezza.

E tra i piccoli tesori che sono riuscita a concedermi tra i prodotti in vendita alla Dama Verde, ecco queste due delizie per il palato:

Un te` e una tisana della Pukka, un`azienda inglese specializzata appunto in te` e tisane provenienti da agricoltura biologica ed equo-solidale.

La scatola grigia contiene un Earl Grey dalle spiccate, ma delicate, note di lavanda e l`altra confezione una tisana fiabesca che profuma di mela, cannella e zenzero.

Due esplosioni di mirabili effluvi che riflettono, per come interpreto io sempre le cose, questa nuova amicizia nata con due ragazze che ammiro e che mi fanno sempre sentire ben accolta e stimata.

Se siete a Torino o da qui passate, andate alla Dama Verde. Sara` uno dei posti dove percepirete la purezza della passione per un progetto, per un`idea, per un sogno. Li` percepirete l`armonia del credere in qualcosa e portarlo avanti con fierezza.

giovedì, gennaio 01, 2015

Evoluzioni

O-shoogatsu

Potrei mettermi qui a raccontare, per filo e per segno con precisione, in cosa consistono i preparativi nipponici per il nuovo anno. Potrei raccontarvi cosa si fa, cosa si dice, cosa si mangia, dove si va.

Ma sono argomenti di cui ho gia` parlato ampiamente qui su Biancorosso Giappone in passato, raccontandovi le cose vissute in prima persona. Troverete, infatti, resoconti dei miei o-shoogatsu trascorsi in Giappone, con riflessioni e pensieri su おせち料理 osechi-ryoori (con tanto di esperimento mio!). Guardate qui! E anche qua!

Vi posso pero` certamente dire che, pur a migliaia di kilometri di distanza, percepisco con chiarezza l`effervescenza di questo periodo e di tutti i preparativi.

Nella mie mente si susseguono immagini di attraenti riproduzioni in plastica di おせち料理 in esposizione nei centri commerciali; di cataloghi, altrettanto invitanti, colmi di pagine lucide dove con mille e ricche descrizioni si invitano potenziali clienti ad effettuare un ordine che assicuri un pasto elegante - e nel pieno rispetto delle tradizioni - pronto sulla tavola in festa per l`ultimo dell`anno.

Immagino il trambusto nei grandi magazzini, come anche nei modesti supermercati di quartiere dove innumerevoli cartelloni pubblicitari gareggiano l`uno contro l`altro nel conquistarsi l`attenzione dei clienti offrendo loro prodotti a prezzi sempre piu` irresistibili.

Immagino i templi addobbati per l`occasione e con bancarelle pronte a distribuire mazzetti d`incensi, bevande calde e お守り omamori.

Mi sembra di sentir l`odore del falo` che veniva sempre preparato davanti al tempio Soochuji, vicino casa mia. Ardevano quelle fiamme propagando calore, luce e una fragranza che sapeva d`inverno, di speranza, di buoni propositi, ma anche di misteri.

Sono ricordi, questi, che ripercorro nella mente con una certa malinconia ma anche con un certo conforto nel realizzare quanto la mia vita sia cambiata.

In meglio.

E` inevitabile: ci si trova, sempre in questo periodo, a tirare le somme, ad abbozzare bilanci piu` o meno obiettivi dell`anno passato.

Nel Periodo Edo, e per molti secoli prima, i giapponesi misuravano il tempo in maniera molto diversa da quella che impieghiamo noi. Suddividevano sia il giorno che la notte in sei ore ciascuno, assegnando ad ogni ora il nome di uno degli animali dello zodiaco giapponese.

Si aveva, ad esempio, l`Ora del Drago che era poco dopo l`alba e l`Ora della Tigre che avveniva nel cuore della notte.

Suddivisioni del tempo create dall`uomo e che scandivano e scandiscono il ritmo della nostra esistenza.

Immagino che i giapponesi dell`antichita` iniziassero a tirare le somme dell`anno vecchio all`avvicinarsi dell`Ora del Ratto...

...e allora si ripensava a quello che era stato e si era fatto fino a quel momento.

Per me questo duemilaequattordici e` stato un anno positivo. Questo non significa che sia stato privo di difficolta` e di dolori, ma nel complesso e` stato un anno rincuorante e colmo di gioie.

Ha rappresentato il culmine dopo il percorso di enorme sofferenza che ho vissuto a partire dal duemilaedieci, l`anno in cui ho lasciato il Giappone e sono poi ritornata in Italia. L`anno decisamente piu` duro e piu` buio che la mia mente ricordi.

Il duemilaequattordici e` stato l`anno in cui ho ritrovato la mia dimensione religiosa e spirituale grazie a cui ho imparato ad apprezzare, ancora piu` di prima, la gioia delle piccole cose, la preziosita` del tempo, la purezza dell`intenzione.

Ho imparato a non avere piu` voglia ne` desiderio di conformarmi a tante cose solo perche` si fa cosi` e si usa cosa`. Non mi interessa piu`.

Un esempio fra tanti e` il Natale, ricorrenza che non festeggio piu` e di cui conservo solo il calore famigliare che tipicamente si avverte in quel periodo dell`anno.

E` stato l`anno in cui sono riuscita a lasciarmi alle spalle una situazione lavorativa stagnante che risucchiava ogni mia energia senza premiarmi in alcun modo.

E` stato anche l`anno di una colossale delusione d`amicizia. Una delusione che pero`, a posteriori, mi ha aiutata ad affinare l`occhio e il fiuto riuscendo in poco tempo a setacciare le gia` sparute amicizie che orbitavano nella mia vita e di cui un ancor piu` esiguo numero ha dimostrato di meritare il titolo di amica.

Questo duemilaequattordici si conclude con la speranza viva e vera del decollo reale di Dadakko-ya per il 2015, meta verso cui sto lavorando con entusiasmo e un briciolino di sano timore.

Non ho voglia di dilungarmi in auguri che tanto non serviranno veramente a niente.

La mia speranza per tutti voi che mi leggete e` che troviate cio` che vi rende sereni, ora piu` che mai in questi tempi di reale difficolta`.