martedì, dicembre 17, 2013

Omusubi: il teletrasporto del cuore

I miei おむすび omusubi
"In my mind I'm goin' to Carolina
Can't you see the sunshine
Can't you just feel the moonshine
Ain't it just like a friend of mine
To hit me from behind
Yes I'm goin' to Carolina in my mind..."


Cantava, con voce infusa di malinconia, James Taylor.


Con la mente possiamo arrivare ovunque perche` le strade spariscono, i kilometri si dissolvono nel sangue che scorre velocemente nelle vene, un sangue pompato da un cuore che accelera al pensiero di un luogo tanto amato.


James rievoca la sua amata North Carolina e lo fa servendosi di parole cariche di emozioni accompagnate da melodie semplici.

Io invece mi servo unicamente delle mie parole perche` queste sono i colori della mia tavolozza.

La guarigione del mio cuore, dopo la nera tempesta, e` avvenuta lentamente. Mi sono accorta di stare meglio quando riuscivo di nuovo a sentire gli odori e a gustare i sapori della cucina giapponese, senza cadere in una tristezza davvero troppo profonda.

La malinconia per un posto di cui sentiamo la mancanza e` un sentimento umano e che ha ragione di esistere, ma quando altri fattori ne appesantiscono la difficolta` acuendone le spine allora bisogna prima guarire la ferita e poi ritornare alla dolce e sana malinconia.


E allora sono ritornata ad assaporare tutto.

Certo, al primo boccone di solito segue una fitta al cuore perche` la rievocazione dei ricordi e` istantanea, ma subito dopo segue la gioia per aver riscoperto quel sapore tanto amato e a cui inevitabilmente si legano dei ricordi.

Senza lacrime ma con sul volto un sorriso felice, ho ripreso i contatti con le mie radici adottive ritrovando la sintonia dei sapori che amo.

Ho preparato gli おむすび omusubi, l`altro nome - forse meno conosciuto ma piu` sentito e casalingo - degli onigiri.

Ho usato un riso giapponese di coltivazione, pero`, italica.

Questo:

お米さん Okome-san e` il nome di questo riso, prodotto dalla Italpo, un`azienda fondata dalla famiglia Morimoto e con sede nel cuore della Lomellina. Questo e` il loro sito.
L`inevitabile dicitura for sushi serve a rendere il prodotto facilmente collocabile sul mercato occidentale il quale, senza uno stereotipato punto di riferimento che gli dia un indizio, non saprebbe che fare.

E` ovvio, quindi, che il sushi e` solo uno dei piatti che si puo` preparare con questo riso, ma non di certo l`unico.

Okomesan quindi e` il riso italiano piu` giapponese possibile, senza esserlo di provenienza diretta.

Ma vi posso assicurare che e` quasi lui!

Come da consuetudine, non essendo questo un 無洗米 musenmai (ossia un tipo di riso che non richiede lavaggio), l`ho risciacquato un 3-4 volte prima di metterlo a cuocere in pentola.
La cottura e` avvenuta alla vecchia maniera, senza 炊飯器 suihanki o cuociriso elettrica, quindi.

L`ho messo in una pentola capiente e l`ho ricoperto d`acqua, senza bisogno di aggiungere niente. Ho messo il coperchio e a fiamma alta ho portato il tutto ad ebollizione. Ho quindi abbassato la fiamma al minimo e - sempre lasciando la pentola coperta - ho fatto cuocere per una ventina di minuti.

Nel frattempo, ho preparato i ripieni dei miei omusubi.

I miei ripieni, per meta` giapponesi e per meta` italianissimi, sono stati scelti con cura seguendo il mio gusto personale.

Ho preso del 鰹節 katsuobushi:
e l`ho mischiato a pochissime gocce di salsa di soia, formando cosi` l`okaka おかか, uno dei ripieni piu` popolari.
Ho poi, con la salivazione gia` a livelli stratosferici, portato in scena la 梅肉 bainiku, ossia la polpa di umeboshi, uno dei miei ripieni preferiti in assoluto.
Tra l`altro, se vi interessa, la bainiku e` disponibile su Dadakko-ya, il mio bazar.

Ed ecco tutti i miei ripieni, pronti per il loro momento di trionfo!


Nel piattino in alto a sinistra: tonno piccante e vicino - nientepopodimenoche` - dell`autentica sardella calabrese, una delle bonta` che prediligo.

Sotto, un formaggino delicato.

La bainiku.

L`okaka.

Il riso, terminata la sua cottura, e` rimasto a riposare ancora qualche minuto prima che iniziassi a smuoverlo delicatamente con il mio しゃもじ shamoji di bambu`, ossia la tradizionale paletta che si usa proprio per servire il riso.

Senza formine ma con solo l`ausilio delle mie manine e di carta trasparente per non trasformare il tutto in un disastro appiccicoso, ho preparato i miei omusubi.

Uno di questi l`ho avvolto in una striscia di alga nori precedentemente inumidita molto leggermente.

Primo morso, fitta al cuore, rievocazione mille ricordi e sensazioni. Sorriso sul volto, occhi che non vedevo ma che penso fossero illuminati, un altro sorriso seguito da uno - due - tre bocconi.

Il sapore dell`okaka e della bainiku in particolare sono stati i miei veicoli teletrasportatori e che mi hanno permesso, nel lasso di tempo necessario per affondare i denti nell`omusubi e percepirne i sapori, di ritornare laggiu`... a casa, a Sagamihara.


sabato, dicembre 07, 2013

Una valle, una coincidenza e una strana magia.

Dovrei forse imputare la mia catena semi-delirante di pensieri all`influenza che mi ha colta per l`ennesima volta nell`arco di due mesi e che e` culminata in una febbre alta, la notte scorsa.
Una di quelle febbri cariche di sogni colorati e quasi in rilievo che ti mettono anche un po` in soggezione per la loro bislacca apparizione.

Due giorni fa stavo leggendo un biglietto dove compariva il cognome di una persona: 古谷 Furutani.

Vecchio cognome giapponese dalle origini nobili.

Non so perche`, ma il nome mi e` rimasto incollato alla mente e ogni tanto il mio cervello se lo girava e rigirava fra le mani.

Un po` come quando sentite una parola su cui vi fissate, ripetendovela piu` volte.

Furutani 古谷 letteralmente significa "vecchia valle".

Con la vecchia valle appiccicata ai pensieri, sono andata a fare due passi. Dovevo incontrare una persona, ma essendo io arrivata un po` in anticipo ho deciso di mettermi a guardare la vetrina di una piccola e preziosa libreria che conosco da tempo ma dove - per timidezza - non ero mai entrata.

Questa libreria ha il pregio di concentrarsi su autori e case editrici poco noti, seguendo come criterio di scelta il proprio istinto e gusto e non le classifiche ufficiali dei best-seller. Insomma, niente Fabio Volo, Giorgio Faletti, e tutte le millemila trilogie fantasy che tappezzano pure le corsie dei libri nei centri commerciali.

E` uno di quei posti che alcuni considererebbero da fricchettoni, ma a me piace. Chissa`, forse sono un po` fricchettona pure io. Se esserlo significa essere un po` diversi, allora ben venga.

Stavo osservando, dunque, con attenzione la carrellata dei curiosissimi titoli esposti in vetrina, quando il mio sguardo si posa su questo:
Un libro che ha trovato me
Per un attimo, provo una sensazione mista a spavento e incredulita`.

Sembrava una sorta di scherzo. Ma come? Per puro caso leggo quel cognome su un pezzo di carta; per due giorni mi rimane in testa con quella tenacia delle parole che poi - a forza di essere ripetute - perdono di significato; e poi lo ritrovo in maniera cosi` schietta e quasi insolente, su una copertina di un libro che pare fissarmi con aria burlona?

Ho trovato il tutto leggermente misterioso e anche buffo.

La timidezza che mi aveva sempre tenuta lontana dall`ingresso di quella libreria in realta` non aveva fondamenta perche` nel momento in cui, con coraggio, sono entrata mi sono trovata avvolta dal profumo della carta, del sapere e delle menti attive.

Una ragazza sorridente e dall`affabilita` di chi ti conosce da una vita, mi saluta e mi accoglie con simpatia.

Mi guardo un po` intorno, ma il mio pensiero fisso e` su quel libro. E` appiccicato alla vecchia valle.

Mi giro e ne vedo dietro di me due copie appoggiate su una sedia di paglia colorata.

Ne prendo una, la sfoglio delicatamente e mi chiedo se sia il caso di prenderlo. D`altra parte i libri non mi mancano, inclusi quelli ancora da leggere. Insomma, il solito dilemma del lettore accanito che pero` ogni volta si trova a fare i conti col senso di colpa simile a quello di chi - dovendo perdere dei chili - si lascia sedurre da un dolce.

Certo, un libro non apporta calorie e non si traduce in ciccia da nessuna parte, pero` mi sento stranamente colpevole.

Ma il senso di colpa libresco viene prontamente controbilanciato dalla stranezza di quel nome e dal modo in cui sembrava avermi seguita da casa fino in libreria!

Decido di prenderlo. Arrivando alla cassa, con la mia solita goffaggine, rivelo come una duratura ed inspiegabile timidezza mi avesse sempre impedito di entrare li` e come quel libro avesse fatto da rompighiaccio.

Tralascio la coincidenza sulla valle perche`, scarsa oratrice qual sono, avrei finito per intrappolarmi in un discorso senza senso.

La ragazza, che si presenta come Sara, sorride divertita e mi dice di essere contenta che - grazie a Dale Furutani - io abbia deciso di entrare li`. E per l`occasione, mi porge una caramella all`arancia avvolta in una brillante carta arancione, in segno di .... commemorazione dell`avvenuta rottura del ghiaccio.

Pago, prendo il mio libro e me ne vado.

Camminando, mi ritornano in mente le parole di elogio di Sara sull`opera di Furutani.

Torno a casa e inizio a fare qualche ricerca su questo autore che non conoscevo e scopro che e` un 三世 sansei, un giapponese di terza generazione nato in un Paese straniero, gli Stati Uniti.

La sua famiglia, legata anticamente al clan nobile dei Matsudaira 松平氏, e` originaria di 大島 Ooshima, a sud di Hiroshima.

In Giappone, ci sono tanti posti che si chiamano Ooshima (grande isola), tra cui la famosa Izu Ooshima, questa pero` nella Prefettura di Tokyo, rinomata in tutto il mondo per i suoi fiori di camelia e per l`olio pregiato che da questi si estrae.

Non voglio a tutti i costi trovare legami ad ogni cosa, ma la settimana scorsa ho ricevuto in regalo da Silvana - una cara amica e affezionata lettrice di questo blog - proprio l`olio di camelia di cui vi parlai tanto tempo fa proprio qui:

L`amato 椿油 tsubaki-abura, olio di camelia, dalle origini antiche e dalle virtu` curative per i capelli (pensate alle meravigliose chiome ebano delle donne giapponesi!) e anche per la pelle.


Assieme all`olio di camelia di Ooshima, Silvana mi ha regalato due deliziosi prodotti de l`Occitane:
Profumino alla peonia e saponetta al karite`
Dell`incantevole carta da origami sistemata in un elegantissimo ventaglio a trecentosessanta gradi:
  E questo coniglietto portamonete, in stoffa ちりめん chirimen:


Queste sono le strane magie.

Attraverso questo blog e le cose che scrivo, ho avuto il privilegio di venire a contatto con persone sensibili e dal cuore colmo di generosita`.

Un`altra magia e` avvenuta ieri, quando ho ricevuto da Chiara, una mia storica lettrice, questo splendido regalo:

Due deliziosissimi dispenser di sapone liquido dedicati a ポムポムプリン Pomu-pomu Purin, un carino gattino portachiavi di panno, e un dolce biglietto che sa di affetto dove Chiara condivide con me la sua passione per i Ringo alla vaniglia...biscotti che ho sempre amato.

Queste sono le magie che mi ha regalato questo blog.

Lo so, il web e` immenso e colmo di posti speciali, ma qui aleggia l`incanto dei vostri cuori.

Vi ricordo le pagine della mia vetrina di だだっ子屋 Dadakko-ya, il bazar di Biancorosso Giappone:

Ebay
Blomming
Facebook

lunedì, dicembre 02, 2013

Da sola in mezzo alla gente

レンゲ Loto
La foto appartiene a questo sito.
In solitaria, sono andata ad una di queste fiere di quartiere che sembrano sempre piu` frequenti.

Viene chiusa un`intera via al traffico e in essa appaiono bancarelle che vendono un po` di tutto, dall`abbigliamento ai cibi.

Ci sono banchetti di oggetti intagliati a mano col legno; prodotti tipici piemontesi, siciliani, calabresi; bancarelle di contadini ed apicoltori; frutta e verdura; tanto vestiario e giocattoli; l`immancabile venditore del mirabolante pelaverdure del momento; le solite sfilate illegali di borse e accessori contraffatti; il solito assortimento d`incensi nauseanti; il ragazzo che prepara soffici nuvole di zucchero filato; il banco di carne alla griglia, panini, pizzette, ciambelle e tutte le golosita` che conosciamo.

Camminavo da sola, mentre attorno a me la gente era tantissima.

Nell`aria l`aroma era quello della festa: l`odore del fritto mischiato a quello del dolce, dell`allegria e delle risate dei bambini sulle giostre.

Il freddo mi mordeva le mani, nonostante fossero coperte da morbidi guanti grigi. Solo ogni tanto mi ricordavo della sua morsa, ma tornavo subito a distrarmi con quello che c`era intorno a me.

 In realta`, mi distraeva il tumulto di pensieri che continuavano ad accavallarsi dentro di me.

Chissa`, forse la sensazione e` comune a molti, ma le fiere e le feste di quartiere evocano in me una malinconia che e` piu` tristezza che allegria.

Ogni trenta o quaranta metri, ecco il venditore di palloncini. Tanti palloni colorati, tutti raggruppati come un leggero mazzo di fiori che - seppur desiderosi di volare su nel cielo - vengono tenuti fermi li` da un peso di metallo.
Attorno a quel mazzo di fiori ripieni d`aria, qualche bambino che col volto rigato da un doloroso pianto, indica col ditino il palloncino che desidera avere con tutto il suo cuoricino.

Scorgo a poca distanza da me una delle presenze piu` tristi a queste fiere: i pony.

Costretti a stare legati ad un albero per ore, al freddo, solo per dare un po` di spettacolo e posare, volenti o nolenti, in centinaia di foto in compagnia di estranei.

Non mi vedevo, ma immaginavo il mio volto. Dentro di me sentivo farsi forte quella tristezza particolare che percepisco proprio alle fiere.

Due gruppi di pensionati del quartiere si erano travestiti da Babbo Natale e - prima un gruppo e poi l`altro - si sono esibiti in balletti dalle mosse cosi` non sincronizzate da essere dolcemente buffi.
Alcuni immortalavano la danza scattando foto o registrando un video col telefonino, facendomi venire la curiosita` di sapere che fine faranno sia video che foto di pensionati travestiti da Babbo Natale, in un quartiere qualunque di Torino.

Ogni tanto arrivava un`appetitosa scia di profumo di cose buone. C`era infatti un grosso banco con addirittura installato un forno a legna in cui venivano fatte cuocere pizza e farinata.

Tutto sembrava progettato e studiato per far divertire, ridere, sorridere, mangiare, comprare e comprare ancora.

Eppure, bastava scostare la tendina luccicante del divertimento per rendersi conto che e` tutto come un palcoscenico.

Mi sono avvicinata ad un banco di alimentari tradizionali della Calabria e ho sentito il venditore - un signore anziano con un forte accento della sua regione - che, alle rimostranze forse un po` esagerate di una signora, giustificava l`aumento di qualche centesimo su un etto di provola silana.

La provola era cara; le pentole di terracotta erano esose; i vasetti di sardella del tutto inavvicinabili.

"Signora, io non ci guadagno di piu`. Oramai e` aumentato tutto e non si sa quanto ancora resisteremo."

La signora delle rimostranze, da polemica che era, improvvisamente annuiva comprensiva e quasi mortificata per la lamentela fatta.

Un signore, qualche banco piu` in la`, con un microfono era impegnato in quello che doveva essere un discorso coinvolgente mirato alla vendita di giocattoli ma che invece si era trasformato tristemente in un soliloquio.
La gente passava senza nemmeno voltarsi, eccetto qualche curioso e annoiato.

Le sue parole promettevano mille sconti, ribassi mai visti prima e gli affari piu` grandi della vostra vita! Ma lui era li`, da solo in mezzo alla gente, mentre parlava senza essere ascoltato. Anzi, la sua voce si confondeva fino a perdersi nelle note troppo alte di musica qua e la`.

Un altro signore, intento a convincere uno smunto gruppetto di clienti intirizziti dal freddo e con la noia dipinta sul volto, mostrava le sconvolgenti proprieta` di un panno spugna che sembrava essere imbevuto di non so che magia.

Quel pelaverdure mirabolante; quei giochi col 200% di sconto rispetto "ai prezzi che trovate in giro"; quel panno spugna miracoloso; quel libro di yoga terapeutico che promette di cambiarti la vita; la paccottiglia finto-tribale, con venature New Age al profumo di Nag Champa; la bistecchiera con una durata garantita di un secolo; le solite quantita`di oggettini dozzinali di produzione cinese che oramai sono compagni, spesso impostici, del nostro quotidiano.

Tutto questo, a fine giornata, che fine fa? Che fine fanno le promesse che hanno accompagnato, a volte con insistenza, la vendita di questi oggetti?

Qualcuno scoprira` davvero un vantaggio con quel panno spugna?

Qualcuno sara` davvero per sempre soddisfatto di quella bistecchiera tanto da ricordare, negli anni a venire, quel fortunato acquisto?

Qualcuno riuscira` a tramandare ai posteri l`ennesimo orologio da parete Made in China, senza rischiare di vederlo smettere di funzionare dopo una settimana?

E qualcuno si ricordera` di quei pony e si chiedera` mai e per davvero che fine faranno e nelle mani di chi saranno destinati?

Respiro profondamente. Col volto ormai infreddolito, cerco riparo e sollievo entrando in un piccolo ed accogliente bar dove chiedo un caffe`.
Passando dal freddo al caldo, le lenti dei miei occhiali reagiscono appannandosi.

Sorrido imbarazzata alla mia temporanea cecita` mentre ordino il mio caffe`. Il barista sorride.

Al mio fianco, una lunga tavolata di avventori sorridenti e intenti a gustarsi fumanti cioccolate calde.

Dopo il mio caffe`, ritorno nel freddo.

Il cielo ormai e` blu scuro e il sole e` scomparso da un pezzo.

La fiera inizia lentamente a disgregarsi. E` il trucco che scivola via dal volto di un artista dopo tanto lavoro.

Piano piano, mi riavvio verso casa perdendomi nell`oscurita` di un vicolo.