Scrivere non sempre e` per me un`attivita` rilassante; tante volte e` un qualcosa di doloroso, stancante, e che ha il potere di risucchiare ogni goccia d`energia presente nelle mie vene.
Eppure scrivere diventa una necessita` a cui non riesco e non voglio rinunciare.
Diventa una necessita`, come lavarsi.
Navigare nel mare di parole, pensieri a volte ingarbugliati e altre volte lineari, mi costringe a fissare il foglio bianco o lo schermo vuoto nell`attesa che arrivi la prima parola, poi la seconda, la terza, e cosi` via fino a tradurre in lettere tutta quella matassa d`idee senza una forma e senza un colore, ma con la sostanza che sento nel sangue.
Oramai sono quasi le quattro e mezza del mattino e l`ispirazione mi ha svegliata dal confortante sonno in cui ero scivolata senza accorgermene, costringendomi a spalancare i miei occhi ed alleggerendo le mie palpebre che fino a poco fa erano cosi` pesanti da sembrare di piombo.
Stamattina ero al lavoro e osservavo un fiore, una qualche varieta` di orchidea di cui ignoro il nome.
I suoi petali erano di un porpora chiaro e che pero` variava in intensita` con il movimento dei raggi del sole.
Il sole giocava forse a fare l`artista, sperimentando alcune sfumature sui petali vellutati di questo fiore silenzioso e che, con una compostezza quasi regale, abbelliva il davanzale di marmo della stanza.
Attorno a me regnava l`odore del pomeriggio e dei primi sprazzi di primavera. Nell`aria c`era anche la pesantezza preannunciata dell`acquazzone che mi avrebbe colta da li` a qualche ora, proprio a pochi passi dal grande mercato di Porta Palazzo.
Il pomeriggio ha un odore che e` diverso da quello della mattina o della sera, e persino dell`alba. E` un odore tiepido, anche se non c`e` il sole. E` un odore che in Giappone percepivo intensamente, cosi` tanto da farmi venir voglia di star sola in una stanza - magari per qualche istante - a guardare fuori dalla finestra, a leggere un libro oppure semplicemente a pensare.
La mattina invece odora di nuovo perche` e` a tutti gli effetti la prima pagina, candida ed intonsa, di un nuovo giorno che sta per avere inizio.
La mattina porta con se` l`ottimismo che forse da ragazzini si aveva in quantita` quasi illimitate.
Dai finestrini del tram poco affollato di stamattina, i raggi del sole mattutino mi facevano strizzare gli occhi fino a stancarmi. Anelavo ai momenti d`ombra in cui poter dare riposo ai miei occhi appena svegli eppure gia` affaticati.
In quel tragitto, col sole imperterrito che esigeva l`attenzione delle mie pupille, ho pensato ai capitoli della mia vita, sia quelli belli che quelli dolorosi, e sono riuscita finalmente ad immaginarli come delle grandi scuole i cui insegnamenti non hanno prezzo.
Scuola. E` stata tutta una scuola.
Lo sono stati i miei anni statunitensi.
La desolazione della periferia di Dallas e la solitudine che li`, piu` di ogni altro posto al mondo, ho conosciuto.
Le poche amicizie americane che sono riuscita a stringere.
Infernali ed interminabili iter burocratici che ti costringono a vivere da clandestina (nemmeno questo mi sono fatta mancare!) nella speranza di ricevere il tanto agognato documento che finalmente ufficializzera` il tuo diritto ad una vita decente.
Il lussureggiante e semi-paradisiaco Balboa Park, di San Diego, dove respiravo a pieni polmoni l`aria che sapeva di verde e di oceano.
Il tour de force con la lingua spagnola, idioma con cui ho fatto a pugni per mesi perche` letteralmente impostomi. Questo forse spiega si` la mia conoscenza della lingua in questione, ma la mancanza di passione che ad essa avrei potuto dedicare.
Il quartiere di Hill Crest a San Diego e che amavo perche` profumava di buono e nell`aria sentivo l`effervescenza di una vita che ogni giorno ricomincia daccapo.
168: questo era il nome del mio ristorante cinese preferito, sulla Convoy Street. Ed era da quelle parti che iniziai a sognare l`Asia.
Il Giappone. Il mio amato Giappone. Quel Giappone che sa farmi piangere al solo ricordo delle sue foglie secche; dei suoi tatami profumati in estate; del suo rigore e della sua confusione.
Le amicizie preziose e sincere che ho stretto in quel Paese.
Le passeggiate in solitaria su allo Zama-jinja.
Kanai-sensei.
Le lacrime ricacciate dentro all`esame di Storia Americana, col prof. Conway.
L`antica casa di Ishii-san e i suoi tesori laccati ed impolverati dal tempo.
Le sue katana avvolte in sobri panni regali.
I miei pomeriggi con Fusae-san e che ogni volta, nel mio cuore, paragonavo alla mia nonna di cui sentivo dolorosamente la mancanza.
Saku-chan, mia amata amica.
Akiko-chan e il nostro caffe` del pomeriggio, in quelle tazzine turchesi e bianche che forse non rivedro` mai piu`.
Il dolore non ancora superato della mia separazione dal Giappone.
Il rientro non voluto negli States.
Il caldo torrido e soffocante di Las Vegas in cui tutto sembrava posticcio e artificioso.
Un ritorno a Torino emozionante, ma strano.
Tentativi strampalati e non riusciti di cucitura di rapporti di parentela che esistono nel sangue, ma non nel cuore.
La vigliaccheria piu` bieca.
L`abbandono.
La disperazione.
La voglia di lasciarsi andare senza nemmeno combattere per rimanere su a galla.
Limbo.
Ancora limbo.
Il ritorno sofferto alla scrittura e al blog.
Nuove amiche ed una persona a me ora piu` preziosa del mio stesso sangue.
I profumi dell`Emilia, terra da cui inaspettatamente ha avuto in parte origine la mia rinascita.
L`addio al nonno.
Quelle borse di plastica con i suoi pochi averi rimasti...
Il lavoro
La ri-rinascita.
Buonanotte. Anzi no: buona alba.
domenica, marzo 04, 2012
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