martedì, dicembre 13, 2011

Quel che resta


(A sinistra: Oshooyu, asazuke no mono, i miei saibashi, ed una tazza blu del Kanagawa).

Da quando ho lasciato il Giappone e da quando la mia vita e` stata stravolta e capovolta a trecentosessanta gradi, mi trovo abbastanza spesso a sentire la nostalgia della mia cucina a casa, nel Kanagawa.

Quella cucina era per me un luogo di tranquillita` innanzitutto, di grande creativita`, di voglia di sperimentare con ingredienti e utensili, di curiosita` ed allegria.

Era una cucina molto ampia, luminosa e tranquilla. Quasi tutte le sue finestre si affacciavano sul verde, tranne alcune da cui vedevo un sentierino che separava casa mia da quella dei miei vicini.

Nella mia libreria in salotto conservavo gelosamente una grande collezione di ricettari giapponesi, molti dei quali non utilizzavo ma amavo semplicemente sfogliare, leggere ed apprezzare per i propri contenuti e fotografie.

Non sono una grande esperta di cucina, ma forse solo una curiosona un po` pasticciona che ama addentrarsi in una cultura grazie anche ai sapori che questa ha da offrire a chi ha il desiderio di assaggiarli.

L`impermanenza di cio` che ci circonda, pero`, ritorna ogni tanto con grinta a ricordarci che c`e` ben poco di eternamente durevole.

Gente che esce dalla tua vita con la stessa velocita` e facilita` con cui ne era entrata a far parte; luoghi e suoni che prima ti erano famigliari come la tua pelle e che ora invece sono distanti, anche se ancora tenacemente presenti nel cuore.
Quel che resta e` a meta` tra il prezioso e il malinconico. Prezioso perche` e` l`essenza, il succo di cio` che avevamo e di cui ora e` rimasto un concentrato...la parte che forse conta di piu`!

Quel che resta e` come un attar di rose.

Malinconico perche` ad esso e` legata inevitabilmente la memoria di cio` che fu e non e` piu`.

La fragilita` che caratterizza l`esistenza umana mi ha mostrato il suo volto, e dopo aver fatto cio` e` stata li` a guardarmi mentre tutt`intorno a me c`era solo distruzione.

Ora nelle tazze da te` rimane solo il ricordo del mio batticuore quando, nei miei pomeriggi di ritorno da lezione in Giappone, passavo alla Seims a prendere del buon sencha o hoojicha in foglie.
Il ricordo di un delicato sole pomeridiano che, bighellonando per i vicoli di Sagamihara, mi aspettava pero` pazientemente sul muretto del supermercato per poi riaccompagnarmi giu` giu` per la Zama Kamijuku 座間神宿 fino a casa.

Bacchette che ora non stanno piu` prendendo parte ai miei esperimenti culinari, ma che per adesso se ne rimangono chiuse in una credenza qui, in una casa come tante, in un quartiere come tanti, nella periferia di Torino.
Alla cucina giapponese che preparavo, che respiravo in Giappone, che assorbivo tramite i racconti delle mie amiche e le pagine dei libri, associo molto di piu` di un buon sapore ed una presentazione gradevole alla vista: cucinare washoku era un momento di pace, di pura creativita`, di contatto con origini che non ho, di calma e gioia.

Questo e` il motivo che ora fa si` che il solo pensiero di voler rimettermi ai fornelli per preparare qualcosa di nipponico a me cosi` caro mi laceri il cuore di dolore.
Non ci riesco. Ci ho provato e ogni volta con risultati passabili, ma perche` manca quella serenita` che ora non c`e`. Nel cuore mi porto la pesantezza di un grande dolore e delusione, dello smarrimento che si prova nel trovarsi tra le macerie costretti a rimettersi in piedi per ricostruire tutto.
Tra le mie cose ho ancora il prezioso ricettario per bento che mi regalo` Saku-chan prima di lasciare il Giappone. Era il suo ricettario personale di quando si e` sposata e aveva bisogno di qualche dritta su come preparare un buon o-bentoo per suo marito e per se`.
Lo sfoglio e lo risfoglio. Ne leggo le ricette, i consigli, le curiosita`, ma la mia mente e` come se fosse in uno stato di semi-trance in cui ogni cosa mi appare ancora cosi` surreale.
E sempre tra le mie cose, conservo ancora due tradizionalissimi o-bentoo-bako お弁当箱 di legno e che mi feci fare appositamente da alcuni artigiani in Giappone, qualche settimana prima di partire. Non ve li ho mai mostrati, ma spero di farlo presto.
Ogni tanto, ma solo ogni tanto, li vado a mirare e rimirare nelle loro scatole e puntualmente ogni volta mi riprometto di dar loro la possibilita` di svolgere la funzione per cui sono stati creati.

Allora riprendo in mano il mio ricettario, ne sfoglio le pagine, sento una stretta al cuore, la malinconia mi attanaglia, e il dolore mi fa venir voglia di chiudere il libro e riporre tutto via nel cassetto della memoria.

Piano piano usciro` da questa gabbia invisibile prima o poi e se Dio vorra`.

Forse superero` anche questa, proprio come ho superato il timore di rimettermi a scrivere.

lunedì, novembre 28, 2011

Infusione di pensieri autunnali

(Foglie autunnali in un giardino vicino casa mia e che ho immortalato in un umido pomeriggio di novembre).

Passano giorni, settimane, e addirittura mesi da un articoletto all`altro ormai. Sebbene pero` cio` che scrivo sia - spesso mio malgrado - inframezzato da lunghe pause, il mio pensiero torna sempre a questo blog.

Novembre e` un mese che per tradizione noi associamo sempre ai defunti. E` il mese solenne e triste per eccellenza. Eppure il piu` delle volte il tempo passa, scivola via e spesso non pensiamo all`autunno della vita umana, soprattutto se noi stessi ne stiamo ancora attraversando la primavera.

Ma la vita ogni tanto ha un modo tutto suo di rinfrescarti la memoria e di costringerti a soffermarti su cio` che forse stiamo trascurando.

Ai primi del mese, purtroppo, c`e` stato un lutto nella nostra famiglia.

E` mancato il mio nonno materno, una figura a cui ho legati molti ricordi sia d`infanzia che d`adolescenza. Una figura che, pero`, per molteplici motivi, si era volutamente allontanata dalla mia famiglia, pur mantenendo con me una sorta di filo di comunicazione.

Quel filo era Internet.

Questo mio nonno amava tanto la tecnologia ed era affascinato dal web. Nonostante l`eta`, navigava con grande spigliatezza e passione, e non esitava ad affidarsi alle email o al messenger per tenersi in contatto con le persone a lui care.

Quando abitavo ancora in Giappone, comunicavo con mio nonno principalmente attraverso l`email e poi ogni tanto anche con messenger. E delle volte lui mi faceva trovare nella buca delle lettere una qualche sua letterina cartacea, decorata con disegnini e ghirigori che lui stesso trovava e scaricava da Internet.

Dal giorno della sua morte ho avuto solo una volta il coraggio, per meta`, di andare a ripescare una sua email le cui parole ho riletto velocemente e con gli occhi che gia` si stavano velando di lacrime.

I giorni successivi alla sua scomparsa sono stati particolarmente dolorosi per tutti qui in casa. Un insieme di sentimenti si accavallavano gli uni sugli altri, creando un`altalena emotiva da cui avrei voluto scendere molto volentieri.

Rievocazioni di vecchi ricordi. Fotografie. Oggetti. Rancori. Affetti.

E poi ancora ricordi misti all`amarezza delle cose incompiute.

Perche` e` questo che comporta la morte quando sopraggiunge, come e` sua abitudine fare d`altra parte, all`improvviso, senza preannunciarsi e senza rulli di tamburi.

Si rimane con in bocca un retrogusto amarognolo che hanno le cose lasciate a meta`, forse a causa di un`incurabile pigrizia, di un`altrettanto incurabile tendenza alla procrastinazione, oppure a causa di quella terribile cosa chiamata orgoglio.

Questo mese, il mese dedicato generalmente al ricordo dei defunti, ho provato la tristezza profonda davanti ad una vita umana che - per chi muore in ospedale, ad esempio - si conclude mestamente con una o due borse di plastica contenenti i pochi effetti personali di chi e` entrato in quell`edificio pensando tranquillamente di far poi ritorno a casa.
Alcuni dei fiori del nonno.

In situazioni come queste c`e` sempre qualche elemento che spicca piu` di altri e che piu` di ogni altro riesce a sbloccare un pianto rimasto ingabbiato in gola.

Ecco, per me quell`elemento e` stato rappresentato proprio da quelle borse da cui s`intravedevano degli indumenti, un giornale arrotolato, e altro ancora. Il solo ricordo di questi sacchetti fa riaffiorare lacrime calde e pesanti, cariche di dispiacere.

I giorni successivi al funerale sono stati invece all`insegna delle questioni logistiche di sgombero di casa del nonno e del disbrigo burocratico di tutte le pratiche notarili ecc., fasi queste che non si sono ancora concluse e che stanno continuando a scandire i nuovi ritmi ed orari di famiglia.

Ed ecco dunque arrivare montagne di oggetti e fotografie impregnati di ricordi, vecchi e recenti, e con essi la rievocazione di mille dettagli, di volti, di frasi, di luoghi, di emozioni.

Una vera emotional rollercoaster, una montagna russa emotiva, fatta di dolce e di amaro, e che prima o poi ti snerva, ti sfianca, e ti prosciuga le forze.

Alla scomparsa del nonno e` seguito anche un periodo di malessere fisico di mia sorella che l`ha portata addirittura in ospedale. Ringrazio Dio pero` per la diagnosi non preoccupante che ne e` emersa.

Ma se la stasi apparentemente granitica che sembra essersi prepotentemente autoinvitata nella mia vita da mesi ormai - mi riferisco alla situazione di stallo lavorativo, abitativo, ecc. in cui mi trovo - e la pesantezza di un lutto che ti si catapulta addosso senza ne` preavvisi ne` squilli di trombe riescono a vampirizzarti l`energia e la voglia di fare, ecco che pero` accadono cose che non solo ti restituiscono il sorriso, ma ti mettono ai piedi un paio di metaforiche scarpe nuove con cui continuare il proprio cammino.

Grazie a Dio, sono piu` di una le persone nella mia vita e che in questo momento occupano un ruolo centrale grazie al loro sostegno, continuando a starmi vicine e a credere in me.

Ho avuto, proprio un paio di settimane fa, il piacere e l`onore di conoscere di persona una delle mie piu` care ed affettuose lettrici del blog, nonche` cliente del mio bazar: Fabiana di Roma, proprietaria del blog Marmellata di Castagne.

Una persona squisita, splendida, con due occhi belli come gemme luccicanti e con un viso pulito e sincero. Una ragazza che, grazie alla sua generosita` e cuore, mi faceva arrivare in Giappone stupendi pacchi colmi d`affetto, di aria italiana e di casa. Era lei che mi mandava i miei amati Ringo alla vaniglia, aiutandomi a dimenticare per un po` la nostalgia di casa che ogni tanto mi prendeva per mano.

E anche questa volta e` arrivata carica di doni per me, dimostrandomi ancora una volta - anche se non ce n`era di certo bisogno - il suo gran cuore ed affetto.

Non potevo non fotografare i carinissimi regalini di Fabi-chan!
...e i Ringo alla vaniglia! ♡♡♡

Ogni pezzo portava in se` l`affetto di Fabiana, un affetto cosi` genuino e sincero che quasi mi fa sentire immeritevole di tutto cio`.

Ho avuto l`onore di conoscere Fabiana ed il suo fidanzato mentre erano qui a Torino, in occasione della maratona che da poco si e` svolta proprio nel cuore del bel capoluogo sabaudo.

Per questo mi e` difficile - diciamo pure impossibile - star lontana anche solo col pensiero da questo blog che e` stato e continua ad essere fonte di gioia per me.

Fa freddo e novembre ora sta gia` per volgere al termine. Il passare dei mesi e` sempre il medesimo, se ci pensate, come lo e` il passare del tempo in generale. I giorni in cui Akiko e` stata qui sembrano gia` quasi avvolti in una coltre di quella nebbiolina che ora ogni tanto viene a deliziarci di notte, anche se il ricordo di Aki-chan e` sempre vivo e forte nel mio cuore.

Un susseguirsi di eventi molto poco piacevoli hanno caratterizzato questo 2011 regalandogli il primato di anno piu` doloroso che io ricordi.

Pur tuttavia, proprio come un profumato fiore riesce a crescere anche in un campo deserto, anche questo 2011 e` riuscito - dalla primavera in avanti e nonostante tutto - a portare nella mia vita persone e cambiamenti preziosi.

Tornero`. Eccome se ritornero`! 必ずまた帰りますね!

venerdì, ottobre 14, 2011

Una gemma di nome Akiko-chan.

(Questo che vedete a lato è un maneki-neko molto speciale. Se volete sapere il perché, per favore leggete questo articoletto).

Era già passato più di un anno dall'ultima volta in cui vidi Akiko-chan, in Giappone, in quella caffetteria dentro la stazione di Sagamino.

Un anno lungo, interminabilmente lungo e spinoso. Una strada in salita, ricoperta da sterpi ed ostacoli di ogni genere. Lacrime a profusione, preoccupazioni a iosa, ed innumerevoli speranze riposte in un possibile raggio di sole.

Grazie a Dio, qualche preziosissimo raggio di sole nella mia vita è arrivato pure nel corso di questo anno così spigoloso. Anzi, forse è proprio nei periodi più travagliati che si presentano splendenti i raggi più luminosi.

Uno di questi raggi è stata la visita di Akiko dal Giappone.

Chi di voi segue questo blog da qualche tempo sa che Akiko è stata ed è una mia grande amica. Un'amica che mi è dispiaciuto immensamente aver dovuto salutare e lasciare.

Eppure, il destino mi ha riportato Akiko...e me l'ha portata fino qui, a Torino!

L'emozione che ho sentito è stata tale da non essermi nemmeno resa del tutto conto del fatto che di lì a poco avrei rivisto ed abbracciato una delle persone più care che io conosca.
Mi sembrava di essere in un sogno, in quell'atmosfera surreale e in cui la piena consapevolezza di ciò che ci circonda si smorza ed affievolisce.

Ero lì, in piedi, nella sala degli arrivi al tranquillo aeroporto di Torino e nella mia mente correvano veloci ricordi e pensieri quando...da dietro le porte a vetri ho intravisto la sagoma inconfondibile di Akiko: la sua figura esile e i suoi lunghi capelli neri legati a coda di cavallo, e le due ciocche di capelli che - a mo' di ciuffo - le accarezzano le guance.
Era lei!!

Un abbraccio interminabile e lacrimine tenute a stento ci hanno riunite, finalmente!

Non mi sembrava vero.

La guardavo con occhi increduli. Il suo volto, a me così caro, mi era famigliare in Giappone e quindi guardarla mi creava l'illusione di essere nuovamente in quella bella terra. Invece no. Ero a Torino, a millemila chilometri di distanza dal mio caro Kanagawa.

Ancora abbracci, poi sempre più lacrime però questa volta non represse. Un intreccio di sorrisi, carezze sul volto, occhi lucidi, sorrisi. Giapponese ed italiano che si mischiavano armoniosamente, facendoci ritrovare improvvisamente quell'equilibrio che condividevamo a casa, nel Sol Levante.

Quanti doni mi ha portato, la dolce Akiko! E ognuno di esso si è portato dietro una ventata che profumava di Giappone...non scherzo!

Quando, dalla sua valigia, Akiko-chan ha tirato fuori questo maneki-neko per regalarmelo, non ce l'ho fatta e mi sono lasciata andare ad un pianto quasi singhiozzante.

Questo delicato micetto di porcellana conserva in se il ricordo di un'amicizia e di una giornata trascorsa insieme ad Akiko.

Eravamo andate ad una delle tante fiere d'antiquariato a cui partecipavamo insieme, e più precisamente questo giorno qui, quando tra i tanti banchi di antiche meraviglie io vidi questo maneki-neko che se ne stava sorridente sopra una mensola di vetro impolverata. Il suo padrone era un signore anziano, un antiquario espansivo e che amava molto chiacchierare con tutti quelli che si mostravano interessati ai suoi oggetti.
Sapendo del grande amore di Akiko per i gatti, le feci subito vedere questo maneki-neko simpatico e particolare. Particolare perché, a differenza del maneki-neko classico e che appare quasi sempre nella sua storica posa (v. questo mio maneki-neko), questo gattino ha le zampine congiunte.

Non so, ma fu proprio questo particolare ad affascinarmi e a farmi amare a prima vista questo micetto. Volevo a tutti i costi che questo gattino andasse con Akiko e le facesse compagnia.

Akiko, innamoratasi anche lei di questo dolce felino, volle acquistarlo e portarlo a casa.

Ogni tanto ne parlavamo e sorridevamo sempre al solo ricordo di quel gattino così buffo e tenero, con le sue zampine congiunte.

E' rimasto da lei, nella sua casa, per tutto questo tempo...fino a tre giorni fa quando Akiko me l'ha portato in dono raccomandandosi col micetto affinché d'ora in avanti rimanesse con me a Torino, a farmi compagnia.

Ripenso alle sue parole in questo istante e avverto la voglia di piangere dalla commozione.

Sempre in ricordo di uno dei nostri tanti giri per i mercati di cose antichi, mi ha portato una rivista intitolata Seikatsu, del decimo anno dell'era Shoowa, ossia del 1935!

L'avevamo comprata insieme questa rivista, al mercato dell'antiquariato di Machida e che ogni secondo sabato del mese aveva (e ha tutt'ora) luogo nel cortile di un santuario shinto.
Ricordo che anch'io comprai un numero di questo affascinante Seikatsu di cui un signore ne aveva una cassetta piena!
E Akiko mi ha portato il suo Seikatsu...e nella foto io l'ho messo vicino al giglio di origami che ha fatto per me e la mia famiglia.

Un magnifico libro su Tokyo e l'antica Edo: Edo Sanpoo Tokyoo Sanpoo. Una gioia per i miei occhi assetati di queste meraviglie.


E tanti deliziosi wagashi e di cui sentivo esageratamente la mancanza... mi mancava la sensazione tattile che si prova nello sfiorare gli incarti che avvolgono le scatole dei wagashi.

Kamome no tamago (uova di rondine) è il nome di questi wagashi delicatissimi che mi ha portato Akiko. Quelli nella scatola gialla sono in edizione speciale, creati appositamente per l'autunno e infatti sono ripieni di castagne.


Dolcetti di pasta lievitata e modellati a forma di uovo. Un ovetto ricoperto di uno strato sottilissimo di cioccolata bianca.


Dorayaki, daifuku e manjuu alla castagna.

...e una graziosissima penna di Doraemon con i suoi amati dorayaki!

Pocky alla panna e biscotti, Toppo alla fragola e cioccolatini al matcha e latte.

Ho girato e rigirato ogni singolo pezzo fra le mani, assaporandone i colori, gli odori e i ricordi che ognuno di questi era in grado di rievocare in me.

Saporitissimi o-senbei confezionati in una scatola avvolta da un disegno di foglie d'acero, eseguito a mano, in onore dell'autunno.

Foglie di momiji nate sulla carta da delicate pennellate di vermiglio e marroncino...

Gli o-senbei nella loro confezione:

Tra gli o-senbei non potevano mancarne alcuni a forma di momiji...

Il sapore intenso dei croccanti o-senbei mi ha riportata istantaneamente per i vicoli di Asakusa. Mi ha riportata, con i ricordi, a casa mia nel Kanagawa quando mi piaceva sgranocchiare un o-senbei la sera, magari guardando fuori mentre un altro giorno volgeva al termine.

Quell'abbraccio fra salsa di soia, alga nori tostata, semi di sesamo e farina di riso è una delle combinazioni di sapori più nostalgiche che io conosca.

Tra i doni di Akiko, anche questo delicatissimo e giapponesissimo porta-incenso:

...e dell'incantevole carta da origami.

...e con uno di quei coloratissimi fogli, Aki-chan ha creato questo giglio.

Insieme abbiamo passeggiato per le vie di Torino; abbiamo assaporato il profumo del Po in questo periodo dell'anno, la fragranza degli alberi del Valentino, l'aria frizzante di Superga.

Ho potuto far vedere ad Akiko una parte del mio quartiere, il piccolo alloggio in cui vivo assieme alla mia famiglia, il cortile di casa dove giocavo sempre da bambina, la scuola materna ed elementare dove andavo da piccola. Ho potuto renderla partecipe delle mie radici, del posto in cui sono nata e cresciuta e di cui le avevo parlato così tante tante volte, assieme ad un caffè e qualche biscotto nella mia cucina in Giappone.

Quei suoi occhi scuri così espressivi, così profondi e brillanti sanno essere più eloquenti di una cascata di parole. Mi basta guardarla e scambiare con lei qualche sguardo imbevuto di complicità per ritrovare quell'intesa che ci lega.

Abbiamo parlato di tanto, di tutto. Della sua vita, della mia vita, di ciò che è irrimediabilmente cambiato e di ciò che ancora è così.
Abbiamo parlato dei vari raggi di sole che hanno illuminato la sua vita e la mia.
Abbiamo rievocato i tanti momenti condivisi insieme in Giappone, le nostre lezioni del pomeriggio, le nostre ricette preparate insieme.

Vederla andare via è stato doloroso, ma credetemi se vi dico che dentro di me sentivo un qualcosa che m'incoraggiava a non disperare perché l'avrei rivista presto.

E allora io sorrido felice. Ripenso alla nostra cena al Bistrot Turin di Via Po, al nostro giro alla Libreria La Bussola, alla sua dolcezza nel chiamarmi "Mari-chan", ai suoi regali così pieni d'affetto ed imbevuti della fragranza del Giappone...e allora sorrido.

Sorrido.

E il cuore mi si alleggerisce.

domenica, ottobre 02, 2011

Dagashi & Pensieri

(A sinistra: la delicata letterina di Saku-chan e che accompagnava un pacchetto stracolmo di dagashi. Vicino alla letterina, delle leggere cialde da riempire con marmellata di sakura).

Chi mi segue da tempo sa che non riesco a scrivere solo per il dovere di farlo, ma ci deve per forza essere quello sprazzo d'ispirazione che mi porta non solo a scrivere ma anche a far foto.

Dopo tutti gli eventi che si sono verificati nella mia vita personale, poi, trovo faticoso persino trovare la voglia di prendere in mano la mia Ricoh CX3 (eccola qui la mia nipponica compagna d'avventure fotografiche!) con cui immortalare questo o quello.

Ogni tanto, però, sento il desiderio, il bisogno e la necessità d'immergermi nuovamente in questo blog che così tanto amo.

Era da qualche tempo appunto che volevo mostrarvi il contenuto di un pacchetto ricevuto dal Giappone dalla mia cara e splendida Saku-chan, però la malinconia che provavo ogni volta che riaprivo quella scatola era tale da impedirmi persino di parlarne.

Sakura è indubbiamente una delle amiche più care che io abbia, nonché una delle persone più positive della mia vita.

Ero reticente nel raccontarle per filo e per segno cosa mi fosse capitato e questo non per mancanza di fiducia nei suoi confronti, ma per timore di causarle preoccupazioni e tristezza.
Col tempo ho trovato il coraggio di metterla al corrente di ogni cosa, e sebbene mi ferisse profondamente il sol pensiero di averla potuta rattristare, ero felice di averla resa finalmente partecipe degli sviluppi che la mia vita stava subendo e subisce tutt'ora.

Pienamente consapevole di come la distanza fisica tenda ad ingigantire preoccupazioni ed ansie, ho esercitato tutta la cautela possibile nel raccontarle ogni cosa.

Da parte sua, ovviamente, c'è stata una reazione di grande dolore misto però ad una forte solidarietà per quanto sto vivendo.

Mi sta vicina il più possibile attraverso email, chiacchierate su Skype, lettere cartacee e regalini che ogni tanto mi arrivano per posta.

Come questi dagashi (vi parlai delle dagashi e delle dagashi-ya qui, qui, e qua) e quella meravigliosa kinchaku di cotone blu che vedete raffigurata nella foto qui sopra e qua sotto.

I suoi regali mi riportano a lei e alla nostra splendida amicizia; mi riportano in Giappone; mi aiutano a riconnettermi con quella giapponesità che sento nel cuore. Lei m'invia cose che sa che amerò molto. Le sceglie con cura e con affetto immensi.

Apro le sue scatole e, prima ancora d'ispezionarne curiosamente il contenuto, chiudo gli occhi ed annuso l'aria al loro interno...quasi come a voler scioccamente cercar di acchiappare anche solo un millesimo di quell'aria a me così cara.

In questo suo pacchetto c'erano caramelline di zucchero colorate, gommose di Morinaga al latte, kokeshi-arare (eccoli qui in questa foto)...

Saporitissimi snack di polpa di ume...

Pacchetti di sukonbu (striscioline di alga konbu essiccata ed insaporita all'aceto. Il sukonbu è nella scatolina rossa).

Sakura sa del mio intenso amore per la lettura, e soprattutto sa quanto stia sentendo la mancanza dei miei libri giapponesi, ed è per questo che insieme ai dagashi c'era anche questo breve romanzo:
Yochimu di Hirashino Keigo

Ricevere pacchetti da Sakura significa per me rimanere seduta a guardare la scatola, senza aprirla, magari per mezz'ora nella speranza di riuscire a catturare ogni aspetto di quel contenitore che ha viaggiato mezzo mondo per arrivare a me.

Ricevere i suoi pacchetti significa aprirli, annusarne l'aria profondamente senza toccare nulla al suo interno.

Ricevere i suoi pacchetti significa esaminare ogni pezzo con gli occhi lucidi, il cuore colmo di gioia e con un sorriso malinconico-felice sul volto.

Saku-chan, grazie. Grazie dal più profondo del mio cuore.

Akiko-san verrà a trovarmi fra pochi giorni e l'emozione che sto provando in questi momenti è fortissima.
So che il nostro incontro sarà bagnato da copiose lacrime, ma anche da abbracci stritolanti, da sorrisi e sguardi pieni d'intesa, e da un legame che ci unisce da tempo ormai.

Ricordo ancora l'ultima volta in cui vidi Akiko-san: era il giorno prima della mia partenza dal Giappone. Era pomeriggio sul tardi, ed ero in una modesta caffetteria all'interno della stazione di Sagamino, nel Kanagawa.

Volevo piangere. Avrei voluto aggrapparmi a quella sedia per sempre.

Quel caffè che sorseggiavo da quell'anonima tazza biancastra sembrava non aver sapore e intorno a me non c'era rumore. O forse non lo sentivo.

Akiko aveva gli occhi che sorridevano ma che in realtà nascondevano tristezza. Il suo sguardo celava una malinconia che però io percepivo chiara e forte.

Tutto mi sembrava così surreale, così strano. Era come trovarsi sul palco di una recita sconosciuta e di cui non si conosce nemmeno la trama.
Mi sembrava di dovermi svegliare, di lì a poco...e invece no. Il sogno-incubo continuava.

Lei mi regalò un libro di brevi poesie giapponesi. Un libro che conservo ancora adesso e che ho qui con me, a Torino.
Vi parlerò di questo libro e di come io abbia cercato, in tutto questo tempo, di trovare conforto nelle sue parole...e di come io l'abbia trovato più volte.

Saper di rivedere Akiko mi sembra quasi come un sogno...ma questa volta un sogno da cui vorrei non svegliarmi.

Grazie a tutti coloro che continuano a commentare e che continuano ad unirsi alla pagina di Facebook dedicata al mio blog.
Venite! Io vi aspetto tutti e numerosi!

giovedì, settembre 15, 2011

Una volta...

(A sinistra: una piccola tsuru arancione che ho fatto qualche tempo fa. La tenera tsuru sta riposando sopra il mio tenugui che ho acquistato da Muji, qui a Torino.)

...un'amica statunitense mi disse che quando la vita ti dà (o meglio, ti appioppa) dei limoni, bisogna allora prepararsi una bella limonata rinfrescante e rigenerante!

Ricordo il sorriso che si dipinse immediatamente sul mio volto nel sentire queste sue parole, così cariche di grinta e di ottimismo!

Dopo tanti anni, quella frase ogni tanto mi ritorna in mente e mi regala puntualmente una sferzata d'energia, soprattutto nei momenti più maledettamente cupi in cui la propria esistenza sembra andare avanti solamente per inerzia.

Qualcosa vi ho accennato nel mio post precedente, e qualcos'altro vi accennerò anche ora.

Ma prima vorrei esprimere tutta - ma proprio tutta - la mia gratitudine a tutte le persone che mi hanno lasciato un commento, che mi hanno scritto email e che in qualche modo si sono messe in contatto con me per dimostrarmi il loro affetto e sostegno.

Sapere di non essere svaniti dai pensieri e dalla mente di chi ti leggeva e ti seguiva, beh...è un qualcosa di decisamente commovente.

Le parole in certi momenti non bastano ad esprimere la propria sincerità e riconoscenza, e quindi vi chiedo di percepire l'affetto - forte e genuino - di cui ho imbevuto ognuna di esse.

I primi limoni che la vita mi ha consegnato sono stati quelli della partenza dal Giappone, un periodo indescrivibilmente travagliato e che ha lasciato su di me un segno indelebile.
Il dolore sentito in quel periodo è stato lacerante. L'aver dovuto lasciare una terra che amavo e che amo immensamente, l'aver dovuto salutare persone a me care e dal cuore infinitamente gentile, l'essermi dovuta allontanare - con gli occhi stracolmi di lacrime - da una casa ed un quartiere a me così preziosi....ecco, forse potrei paragonare quel dolore a quello che provai quando, nel lontano 1999, salutai la mia famiglia per andare negli Stati Uniti dove sarei poi rimasta più di sei anni.

Ma i limoni più aciduli mi sono stati portati a dicembre del 2010, mese in cui si è verificato nella mia vita un fatto sconvolgente. Un duro colpo ricevuto dalla persona che credevo essere la migliore, la più fedele, la più dolce, la più tutto...e che invece si è rivelata in tutta la sua sconcertante slealtà, cattiveria ed infingardaggine.
Scoprire, di punto in bianco, e tramite una squallida telefonata, di aver vissuto una lurida menzogna è quanto di più devastante ci possa essere.

I miei occhi sembravano aver finito le scorte di lacrime, e allora si sforzavano di buttar fuori qualcosa che poi si traduce solo in altro rossore e gonfiore.

La forza di reagire mi ha quasi abbandonata del tutto in certi momenti, facendomi preferire - che Dio mi perdoni - la morte ad una vita che forse si era beffata di me in maniera tanto cruda.

Anche solo il desiderio di uscire e fare due passi era venuto meno, e con esso la volontà di riprendere ritmi di vita accettabili e che non ruotassero intorno ad un sonno semi-perenne, interrotto solo da pause bagno e pause pasto.

Il periodo, dunque, a cavallo fra dicembre e marzo è stato uno sprofondare in un vortice sempre più travolgente di tristezza, disperazione, scoraggiamento e voglia di lasciarmi andare per sempre.

Si dice che non possa piovere per sempre, e infatti quella bufera che aveva frantumato una parte importante della mia vita in quel periodo iniziò a calmarsi. Devo molto alla mia famiglia, ad alcuni miei amici che in quel periodo mi diedero ospitalità e la possibilità di riposarmi la testa.

Non riuscivo nemmeno ad aprire la pagina del blog; a rileggere i miei scritti; a rivedere le foto che scattavo con così tanto entusiasmo. Non riuscivo nemmeno a sentire le prime note di Shima-uta senza scoppiare in un pianto sconsolato.
Non ce la facevo.

Una parte di me paventava l'idea di riaprire quella scatola di preziosi ricordi (il blog), mentre l'altra desiderava fortemente rimettersi in contatto con quella realtà che mi aveva fatto stare così bene e che mi aveva regalato così tanta serenità.

Ho fatto, dunque, dei progressi, anche se ancora adesso la fitta che sento al cuore ogni volta che riapro Blogspot è notevole. Inoltre, per abitudine ormai, tengo spente le casse proprio per non sentire Shima-uta perché la sua dolcissima melodia riesce a strapparmi copiose lacrime nel giro di pochi secondi.

La mia vita è ancora a pezzi, e sto lentamente tentando di rialzarmi anche se è stramaledettamente doloroso e difficile. Tutto è stato messo a soqquadro. Quasi ogni cosa.
Non mi vergogno, infatti, a dirvi che sono alla estenuante ricerca di un lavoro da mesi, ma nessuno sembra interessato a darmi neanche una possibilità.

Quasi ogni cosa è stata distrutta, ma non tutto. Alcuni punti di riferimento sono rimasti ben saldi e ad essi mi appiglio con forza. Alcune persone molto preziose, e il mio spirito giapponese...quel dono che il Sol Levante mi fece in quei quattro anni passati là.

Grazie al consiglio di una persona a me molto molto cara, nella storia di Biancorosso Giappone è entrato in scena Facebook, il famosissimo social network di cui tutto il mondo (o quasi) ormai è a conoscenza.

Non pensavo di poter mai intrecciare il mio blog con Facebook, forse per la poca simpatia che ho per quest'ultimo. Pur tuttavia, mi rendo conto delle sue potenzialità e del valore che ha nel venirmi in aiuto: la pagina FB che ho creato per il blog ha infatti lo scopo di riunirci tutti, di far sì che possiamo scambiarci idee, iniziative, notizie varie e soprattutto aggiornamenti sul blog stesso e sugli sviluppi che avrà il bazar (perché ci saranno questi sviluppi! Parola mia!).

Se avrete piacere di unirvi al mio network, io vi aspetto.

Vorrei ringraziarvi ancora una volta, tutti ed indistintamente.

Ricordo, con speciale affetto, un'email che ho ricevuto alcuni giorni fa da una lettrice di nome Annalisa la quale, attraverso poetiche parole di una dolcezza rara, ha saputo regalarmi un sorriso e molto ottimismo. Sono parole, le sue, che ho letto e riletto...e ogni volta mi sembrava come se qualcuno mi avesse appena portato una calda coperta in una fredda notte d'inverno.

Io vi aspetto anche su FB, e intanto vi dirò ancora un'altra cosa: ho come l'impressione che con questi limoni verrà fuori una limonata prelibata, super dissetante e davvero rigenerante!

Korekara mo, ganbarimashoo ne!

venerdì, luglio 22, 2011

Sempre presente



(Dolcissimi glicini in fiore ふじ fuji che abbellivano il polmone verde del mio quartiere qua a Torino).

Cari amici del blog, dopo tanto tanto tempo ritorno sul mio amato Biancorosso Giappone.

Non sono sparita. Mi sono assentata perche` alcuni fatti dolorosissimi hanno sconvolto e stravolto la mia vita dalla testa ai piedi, buttandomi a terra con la forza di un ciclone.

Ma sono sempre presente.

Come la proverbiale fenice che risorge dalle ceneri, anch`io mi sto rialzando e sto ritornando a sorridere. E presto, ritornero` a scrivere. Anzi, c`e` gia` un aggiornamento in preparazione.

Spero che nessuno di voi si sia dimenticato di questo angolo tanto amato e che con altrettanto amore ha portato un pezzetto di Giappone nelle vostre case e nei vostri cuori.

Io non ho dimenticato ne` voi ne` questo blog. Non mi sarebbe possibile farlo, mai e poi mai!

Certi fatti hanno messo a soqquadro la mia vita, spargendo su di me a profusione dolore, amarezza e delusioni. Quella fiammella ardente che alimenta la voglia di vivere, di creare, di amare si stava per spegnere lentamente ma, poco prima che questo accadesse, persone e fatti stavolta positivi hanno nutrito quel fuoco che stava ormai per essere inghiottito dalla disperazione.

Sto ritornando, e questa volta saro` piu` forte, piu` decisa, piu` determinata, e con un sorriso piu` radioso che mai. I progetti che menzionai brevemente nel mio ultimo aggiornamento sono tutt`altro che archiviati ed impolverati!