venerdì, gennaio 23, 2009

Indietro nel tempo

Pronunciando la parola "Giappone" che cosa vi viene in mente?

Forse un mosaico d'immagini tanto suggestive quanto contrastanti: un Paese ultra moderno che viaggia, alla velocita' della luce, verso costanti miglioramenti tecnologici; un Paese dalle mode passeggere e fugaci; un Paese ricco e dove l'abbondanza e' ovunque; una terra dal cuore perennemente puro ed immutato dove il passato, seppur impolverato, s'intreccia dolcemente col presente; una terra dove donne vestite con aggraziati kimono chiacchierano al cellulare; un Paese le cui sterminate risaie vengono attraversate dai rapidissimi Shinkansen; una terra dove la gente riesce a conciliare le esigenze di una vita frenetica con le eleganti accortezze di una vita tranquilla e dedita all'apprezzamento delle piccole cose.

Certo, il Giappone e' molto di piu' e sarebbe tristemente riduttivo dipingerlo con qualche pennellata di accattivanti aggettivi qua e la'; gli stereotipi, lo sappiamo tutti, soffocano le culture, ma se la vostra personalissima immagine del Giappone e' simile a quella che ho provato a descrivervi io, allora ...fuochin, fuocherello.

In mezzo ad normalissimo quartiere moderno nei pressi della stazione Saginuma 鷺沼駅 (Saginuma-eki sulla linea Tokyu Den-en-toshi) si nasconde un incantevole angolo di vecchio Giappone, un vanto del Kanagawa, ovvero un tradizionalissimo ed elegante ristorante: うかい Ukai.
Vi consiglio di andare a dare una curiosata al magnifico sito ufficiale dell'Ukai di Saginuma. Eccolo qui.

Ukai e' una toofu-ya, ovvero un ristorante la cui specialita' e' il tofu, fedelissima allo stile del Periodo Edo. Quale luogo migliore, dunque, per potermi invitare a pranzo qua in Giappone?

Da Ukai sono stata a pranzo, grazie ad un gentilissimo invito da parte di Fusae e Kyoko, un invito che, naturalmente, ho prontamente accettato con uno smagliante sorriso Durban's!

Ecco l'elegantissimo Ukai dall'esterno:
Varcata la soglia di Ukai, ci si rende immediatamente conto di non essere nel Giappone dell'era Heisei (cioe' quella attuale), ma di essere ritornati, magari a suon di soffici passettini con ai piedi delicati zoori, indietro nel tempo.

Il locale, baciato da quella raffinata semplicita' che contraddistingue fortemente lo stile nipponico da tutti gli altri, mi si e' presentato davanti agli occhi come un affascinante labirinto di corridoi; di colorati noren svolazzanti; di lucidi pavimenti di legno scuro; di superbe composizioni d'ikebana; di delicati dipinti che richiamano alla mente ere passate e gloriose; di lunghe file di scarpe ordinatamente allineate; di grossi vasi di terracotta contenenti del fragrante 甘酒 amazake.

Un labirinto avvolto in un delicato abbraccio musicale dove il
koto, con il suo dolce e misterioso suono che invita alla contemplazione, faceva da sottofondo.

Un labirinto in cui mi sarei persa facilmente, ma senza cadere in preda al panico. Mi sarei persa vagando, con gli occhi sgranati e lucidi per la profonda emozione, col cuore di bambina: ricolmo di curiosita', stupore e felicita' allo stato piu' puro.

Una ragazza sorridente e dal visino graziosamente lentigginoso ci ha fatto da guida e ci ha condotti in una piccola stanza privata, con vista su di un tradizionalissimo giardino. Eccolo:


Dopo esserci accomodate sul tatami, abbiamo atteso l'inizio di quello sarebbe poi diventato uno dei pasti piu' straordinari a cui abbia mai avuto la fortuna di poter prender parte.

Il mio viaggio gastronomico a meta' fra la realta' di un gennaio del duemilaenove ed una realta' onirica capovolta ed imbevuta di vecchia Edo, ha avuto inizio cosi':
Se fino a pochi giorni fa credevo di sapere veramente cosa fosse il tofu, devo ora ammettere quanto immensa fosse la mia ignoranza in materia.

Se si pensa al tofu come ad un semplice blocco di latte di soia coagulato, un composto dal sapore cosi' blando da sembrare insulso, beh...si commette un errore non imperdonabile, ma abbastanza notevole.

All'Ukai ho avuto il privilegio di assaggiare i migliori tofu che abbia mai gustato in vita mia. E non esagero.

Nei tre scodellini bianchi, per esempio, c'era del particolarissimo tofu stagionato, proveniente da Okinawa. Questo tofu aveva una consistenza molto simile a quella di un formaggio come il Quartirolo, ed un sapore delizioso ma che fatico a descrivervi semplicemente perche' nella mia memoria non c'e' nulla di simile a cui potermi aggrappare per tentare un traballante paragone.

Nei bicchierini trasparenti: kuromame in uno sciroppo dolce che aveva una leggerissima punta di menta.

Al centro: onigiri sferici avvolti in fettine di pesce buri (in italiano: seriola) crudo.

Dietro gli onigiri, sulla sinistra: pesce buri grigliato e impreziosito da ricciolini di scorza di un profumatissimo yuzu.

Nei bicchierini con l'interno dorato: un delicato misto di verdurine di stagione e alghe, il tutto condito con un dashi molto gustoso e leggero.
Goma-doofu, una specie di tofu preparato con pasta di sesamo, fecola di kuzu (il mio dizionario non traduce la parola kuzu, ma in inglese si traduce con arrowroot che, secondo l'onorabile Garzanti andrebbe tradotto con il termine botanico di maranta arundinacea) e acqua. Sul goma-doofu, una puntina di wasabi freschissimo e appena grattugiato.
A destra, un bicchiere di umeshu no on za rokku, ovvero di umeshu servito con cubetti di ghiaccio.
Un chawan-mushi (una sorta di budino all'uovo e dashi, contenente pezzi di verdure e pesce) cosi' delicato e delizioso da non sapere nemmeno da che parte cominciare a descrivervelo.
Questa e' stata una delle portate capaci di emozionarmi a tal punto da riuscire, a stento, a trattener le lacrime: quadrotti di agedoofu (tofu fritto) accompagnati da salsa di soia, myooga (zenzero giapponese di cui vi ho parlato qui), negi-miso (un miso, specialita' della casa, a base di cipollotti verdi e orzo).
Per l'agedoofu non e' stato necessario usare le bacchette, ma ci siamo tranquillamente servite della nostre belle manine per condire quei deliziosi quadrotti e piegarli a mo' di taco, prima di divorarli in tanti piccoli bocconi educati ma avidi.

Tofu fritto. Penserete sia un qualcosa di pesante ed unto. Niente di piu' falso. Cosi' leggero da far invidia ad una nuvola nel cielo (e magari anche ad una nuvola di drago).
Sashimi di pesce buri ed una fragrante foglia di shiso.
In basso a sinistra: hoojicha (te' verde tostato)
In basso a destra: salsa di soia, wasabi e piccoli petali di fiori selvatici.

Ed ecco una delle portate principale e protagoniste di questo delizioso palcoscenico:
Un fornello molto tradizionale su cui, alcuni secondi dopo, e' stata posata questa meraviglia:
Qui siamo rimaste, tutte e tre, senza parole.

Una meravigliosa pentola di terracotta che, come ha osservato giustamente Kyoko, ricordava molto una tajine marocchina, con all'interno tre blocchetti di un tipo di kinugoshi-doofu ed un brodo a base principalmente di latte di soia freschissimo e dashi.

Quel tofu, cosi' morbido e dal sapore cosi' delicato, era di una squisitezza senza paragoni. L'ho assaggiato sia cosi' al naturale che con un goccio di salsa di soia, ma devo dire che la salsa di soia era troppo aggressiva su di un piatto cosi' leggero e in bilico su di un fragile equilibrio di sapori percettibili solo se privi di distrazioni inutili.

Ma il nostro pranzo non era ancora terminato, e sebbene cominciassi ad avvertire i primi segni di sazieta', ero curiosissima di sapere cos'altro sarebbe apparso da dietro il fusuma, o porta scorrevole di carta.

Non ho dovuto attendere molto.

Pesciolini d'acqua dolce, avvolti in una frittura leggera quasi eterea.
Nello scodellino bianco: cetrioli di mare, daikon grattugiato ed un brodo freddo molto saporito e con una nota d'aceto.

Ma c'era ancora una piccola delizia che ci aspettava:

Riso al vapore con shirauo (bianchetti), accompagnato da zuppa di miso, fettine di akakabu (rapa rossa) e foglioline della stessa.

Ma un pasto come questo non puo' concludersi senza ... il dolce!

Ed ecco il divinissimo shiratama-zenzai di Ukai! (Perdonate la pessima qualita' della foto)
Qualche foto scattata all'interno del giardino privato di Ukai e al loro ponticello:


All'interno di Ukai c'e' persino un piccolo negozio dove e' possibile acquistare un po' del loro magnifico tofu ed altri prodotti freschissimi della loro cucina. Ed e' li' che Kyoko mi ha comprato due bei panetti di quell'agedoofu che mai piu' scordero'.

E mi dispiace pensare che la cucina giapponese all'estero spesso sia solo sushi, ramen e tempura. C'e' molto, molto ma molto di piu'...ed e' tutta veramente da scoprire.

Gochisoosama deshita!

martedì, gennaio 13, 2009

Dashi casalingo

Il dashi e' uno degli elementi cardine della cucina giapponese, ed e' alla base di numerosissime ricette del repertorio gastronomico di questo Paese. Questo e' uno dei motivi per cui mi sento sempre in dovere di mettere in guardia gli amici vegetariani (e vegani) che pensano che la cucina giapponese sia una vera manna per chi ha deciso di evitare prodotti di origine animale; anche in un semplice piatto di verdure al vapore ci possono essere tracce - e questo succede piu' spesso di quanto immaginiate - di dashi di pesce.

Il dashi conferisce ai cibi quel tocco giapponese che separa un piatto dal sapore autentico da uno che, invece, ricorda solo vagamente qualcosa di nipponico.

Il dashi essenzialmente e' un brodo. Ne esistono numerose versioni in base agli ingredienti con cui lo si prepara: esiste un dashi solo a base di konbu, uno a base di sardine (niboshi-dashi), uno a base di funghi shiitake, ma il piu' comune e il piu' usato e' senza dubbio il かつおだし katsuo-dashi, preparato con scaglie di katsuo (una sorta di tonnetto* disidratato), alga konbu (alle volte viene omessa) e acqua.

La maggior parte delle persone anche qui in Giappone, per mancanza di tempo o di voglia, utilizza il dashi in polvere che viene generalmente venduto in confezioni contenenti bustine monodose. Questa, ad esempio, e' la mia scatola di dashi granulare ほんだし hondashi della Ajinomoto:
Il dashi e' un ingrediente irrinunciabile per la preparazione di capisaldi della cucina giapponese, come ad esempio la zuppa di miso, tamagoyaki, udon in brodo, oyako donburi e tante tante altre ricette. Senza dashi, il risultato finale non avra' quel nonsoche' di giapponese che magari avete assaggiato qui nel Sol Levante o in un qualche ristorante della vostra citta'.

Nonostante la grande comodita' del dashi in polvere, alcuni giapponesi sono contrari a questo granulare istantaneo un po' per una questione di gusti, ma soprattutto a causa del glutammato di sodio che molto spesso compare nella lista degli ingredienti. Sull'effettiva dannosita' del glutammato di sodio preferirei, al momento, non esprimere la mia opinione perche' e' un argomento ancora troppo controverso e su cui, lo ammetto, non sono particolarmente informata. A tal proposito, pero', se l'argomento v'interessa, vi segnalo questa pagina.

Diventa quindi importante saper preparare del buon dashi che non contenga conservanti, coloranti, glutammato di sodio od altri insaporitori un po' sospetti.

La preparazione di un dashi casalingo e' sorprendentemente semplice purche' vi procuriate due ingredienti fondamentali: il katsuo in scaglie e l'alga konbu secca.

Oggi v'insegno come si prepara un tradizionale katsuo-dashi cosi' se nel vostro negozio di alimentari giapponesi di fiducia doveste trovare i due ingredienti chiave, sarete sicuri di poter sempre avere del buon dashi fresco che vi permetta di preparare tanti piatti giapponesi dal sapore autentico.

Cominciamo!

かつおだし
Katsuo-dashi
Vi servono tre ingredienti:
1200ml d'acqua
20g di katsuo in scaglie
10cm circa di alga konbu secca

Con un panno pulito oppure un pezzo di carta da cucina, sfregare leggermente l'alga per eliminare eventuali impurita' che possono essersi depositate sulla sua superficie.
In una pentola, versare tutta l'acqua ed aggiungervi l'alga konbu.
Cuocete a fiamma media fino a quando l'acqua iniziera' a sobbollire leggermente, dopodiche' aggiungete le scaglie di pesce.
Mescolate leggermente il tutto, abbassate la fiamma al minimo, mettete il coperchio e lasciate sobbollire per 1-2 minuti. A questo punto, spegnete subito la fiamma e filtrate il tutto con un colino, travasando il vostro dashi in un contenitore pulito.

Ed ecco il dashi pronto per essere messo in frigo oppure per essere utilizzato subito!
Il dashi casalingo va lasciato raffreddare a temperatura ambiente e va poi riposto in frigorifero dove si conservera' per due o tre giorni, al massimo.

E gia' che c'ero, ho utilizzato del katsuo e dell'alga konbu per preparare uno tsukemono di cetrioli un po' diverso dal solito! Se vi ricordate, ne avevo preparato uno usando solo cetrioli e sale.

Ecco il mio gustoso tsukemono di oggi:
いただきます!
Itadakimasu!

*Inizialmente mi ero confusa con il pesce "saba" e ho tradotto katsuo con "sgombro" anziche' con tonnetto secco, ma ho rimediato all'imprecisione grazie alla segnalazione di Tomatina!

lunedì, gennaio 12, 2009

Giorni tokyoti

(La Torre di Tokyo vista da Tokyo Midtown, verso mezzanotte. Foto scattata da mio marito).

La settimana scorsa, mio marito ed io ci siamo regalati una breve vacanza tokyota per chiudere, in bellezza, il periodo festivo.

Noi non abitiamo poi cosi' lontani da zone centrali tipo Shinjuku o Shibuya, ma per poterci arrivare sono comunque necessari un quarantacinque minuti di metro', o anche di piu' a seconda della zona.

Spostarsi qui in Giappone non e' poi cosi' difficile, e una volta superato il frastornamento iniziale fatto di linee che s'intrecciano in modo apparentemente illogico e di un mare di kanji che incutono terrore puro ai principianti, ci si accorge di poter fare completo affidamento sul sistema ferroviario piu' preciso e ordinato del mondo, arrivando cosi' ovunque si desideri, e con un margine d'errore personale minimo.

Nonostante l'efficienza nipponica impeccabile che si riflette un po' dappertutto e soprattutto nei mezzi di trasporto, alle volte mi stanco solo a pensare a quanti treni devo cambiare per arrivare, per esempio, a Kappabashi. Certo, le coincidenze sono sempre puntuali e consultando in anticipo l'orario dei metro' non e' difficile organizzarsi un percorso e stabilire, cosi', un orario di partenza e uno di arrivo, pero' delle volte mi piacerebbe che ci fosse una linea dritta e diretta che mi portasse dove voglio io, senza cambiare mai neanche un treno.

I tempi necessari per spostarsi da un punto ad un altro vanno sempre presi in considerazione quando si decide di spingersi verso Tokyo oppure in direzione di un'altra localita' non proprio dietro casa. E' importante tenere a mente queste cose perche' e' facile dimenticarsi dell'ora e accorgersi, quando oramai e' troppo tardi, che l'ultimo treno sta per partire e che non si fara' in tempo a salire sulle coincidenze successive necessarie per ritornare a casa.

Questo e' uno dei motivi per cui abbiamo deciso di regalarci questa breve vacanzina a Tokyo. Volevamo goderci un po' di capitale, soprattutto la Tokyo notturna (non quella dei locali e delle orde di turisti alticci e barcollanti), senza dover pensare per una volta all'orario dei treni.

Abbiamo alloggiato in una suite in stile tradizionale, di un albergo nella zona di 南麻布 Minami-Azabu, quartiere noto per l'altissimo numero di ambasciate dei Paesi piu' disparati.

Il giardinetto privato su cui si affacciava la nostra suite
Il genkan
La stanza principale


Il tokonoma
Armadio con i nostri 布団futon piegati

Ed ecco i nostri comodissimi futon pronti per la notte
Alcuni dei deliziosi snack che ci aspettavano in camera
Se si ha voglia di fare due passi in tutta tranquillita', dalla zona in cui e' situato l'albergo si arriva a piedi fino a Roppongi e Tokyo Midtown. Ci siamo incamminati verso le sei di sera quando il cielo era gia' scuro. In giro non c'era tanta gente, ma piu' ci si avvicinava verso Roppongi e piu' le strade si riempivano di persone e veicoli.

A Roppongi ci siamo passati, ma non ci siamo fermati; c'era il solito e previdibile caos, e le solite e prevedibili strade sporche. Roppongi e' un quartiere che non mi piace: di giorno e' passabile anche se disordinato, ma di notte e' orrendo e assume un'aria squallida e dozzinale. Vi ho parlato di Roppongi un po' di tempo fa, e piu' precisamente qui.

Superata la sregolata Roppongi, siamo giunti nell'aristocratica Tokyo Midtown con i suoi curatissimi giardini, eleganti palazzine private e negozi di lusso. Dietro il Ritz-Carlton di Tokyo Midtown, c'e' un grande parco che di giorno e' magnifico, ma di notte si trasforma in un piccolo angolo di paradiso. In giro non c'era quasi nessuno, e l'aria fredda, sicuramente complice, ha fatto si' che fossimo tra i pochi a passeggiare per quel tranquillo ed elegante parco abbellito da qualche decorazione natalizia che ancora luccicava qua e la'.

Davanti all'entrata di uno dei negozi del quartiere, c'era ancora un 門松 kadomatsu, e l'abbiamo fotografato in onore di Annina la Fatina! La foto, purtroppo pero', e' venuta leggermente mossa.
Nel parco, mi sono seduta su di una gelida panchina di pietra, e ho ammirato il laghetto che c'era davanti a me, mentre mio marito immortalava qualche angolo di questo splendido e tranquillo angolino notturno.


Ma non sono splendide queste foto? Queste del parco hanno assunto dei colori quasi surreali e che le rendono particolarmente belle.

Dopo aver percorso una stradina buia che si snoda attorno a Tokyo Midtown, siamo stati accolti dalla suggestiva immagine del cielo blu scuro in cui si staglia la luminosa ed imponente 東京タワー Torre di Tokyo.
Eccola, nel suo notturno e luminoso splendore:
Al gigante arancione, come ho ribattezzato io la splendida torre tokyota, dedicai un articoletto molto tempo fa. Eccolo qui.

Quella sera stessa, prima di avventurarci verso Tokyo Midtown, a pochi passi dall'albergo ho scoperto, per puro caso, che in una stradina c'e' il negozio di 中原淳一 Nakahara Junichi. Sapete chi e'? Il signor Nakahara e' stato un artista giapponese che ha riscosso maggior successo nel periodo a cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta. I suoi disegni rappresentavano giovani donne giapponesi abbigliate prevalentemente (ma non sempre) secondo lo stile in voga nel Periodo Edo. I volti di queste ragazze, pero', erano caratterizzati da occhi molto grandi e che divennero un po' il simbolo di riconoscimento delle opere di Nakahara.
Si dice, infatti, che Nakahara fu il precursore dell'arte dei manga.

In passato, avevo letto alcuni articoli dedicati a questo artista e sapevo dell'esistenza di questo negozio interamente in onore delle sue opere, un negozio che desideravo visitare ma che non ricordavo dove si trovasse esattamente; immaginatevi, dunque, il mio stupore quando ho scoperto che era proprio a pochi passi dall'albergo!

L'accogliente negozio era stracolmo di oggetti abbelliti dalle aggraziate illustrazioni di Nakahara; nonostante i prezzi esosi ed una commessa gentilissima ma inaspettatamente invadente, qualcosina ho acquistato.
Un foulard e tre cartoline, tutto in puro stile Nakahara:

Un particolare del foulard aperto:
E il ricettario di Nakahara, contenente preziosissime ricette autentiche ed inalterate del periodo Showa:
Le ricette sono un vero piacere da leggere, e decisamente piu' semplici da capire di quanto credessi, tranne qualche obsoleto kanji dall'aria minacciosa ed impenetrabile.

Il giorno seguente, dopo un sonno rilassante e ristoratore reso particolarmente piacevole dai raggi di luce lunare che si riflettevano sul tatami e dalla comodita' indescrivibile dei nostri futon, ci siamo incamminati verso la stazione del metro' e dopo solo un paio di fermate siamo arrivati nella mia adorata 上野 Ueno.
Ueno e' un quartiere avvolto ancora in un manto un po' retro' e che sa tanto di periodo Showa; non c'e' il glamour di Shibuya o di Shinjuku, ma e' proprio per quello che a me piace.
E' un quartiere famoso per il suo enorme parco, un parco che si trova nel centro della capitale! Una vera isola verde nel cuore della frenetica megalopoli che e' Tokyo.

Ueno ospita il magnifico Museo Nazionale di Tokyo, numerosissimi templi e santuari, il vecchio zoo (di cui vi parlero') e un pittoresco laghetto di nome Shinobazu (不忍池 Shinobazu-ike) le cui barchette a nolo la rendono una meta molto amata dai tokyoti e non.

Senza nemmeno saperlo, ci siamo imbattuti in un mercatino di cose antiche proprio nel vecchio parco di Ueno.
Proprio quel giorno ho veramente capito quanto grande sia la mia passione per tutto cio' che e' antico o vecchio. Per certe cose, credo proprio di preferire il vecchio al nuovo.
In mercatini come questi, passerei le ore a farmi incantare da questi brandelli sparpagliati di storia, nella speranza di trovare un oggetto che mi lasci senza fiato e che m'implori di portarlo via.

Su quei banchi c'era veramente di tutto: vecchi kimono consunti e sbiaditi; teiere di rame e ottone; infinite quantita' di vasellame di ogni genere; monili cinesi e giapponesi; oggetti sacri e provenienti da chissa' quale tempio buddista; vecchi giocattoli; pile e pile di riviste degli anni Cinquanta e Sessanta.

Mi sono fermata vicino ad uno di questi banchi ad osservare alcuni oggetti: dei vassoi laccati, delle stoffe, alcune bambole e...uno specchio. Nel frattempo, si erano raggruppate diverse persone vicino a me, tutte intente ad esaminare vecchie monete e francobolli, e siccome lo spazio era poco e il rischio di far cadere qualcosa era alto, con garbo mi sono fatta un po' largo a suon di leggere gomitate e sono ritornata sulla stradina principale, pronta per andare ad esplorare gli altri tesori.

Mah. E chi dice mah, cuor contento non ha.

Continuavo a pensare a quello specchio. Non riuscivo a levarmelo dalla mente. Ho capito che dovevo farlo mio. E cosi' sono ritornata davanti al banchetto attorno a cui, nel frattempo, si era riunita una calca piu' folta di quella di prima, e a suon di altre gomitate, sono ritornata davanti a quella scatola blu con dentro quel vecchio specchio giapponese, e per pochi yen me lo sono portato via.

Assomiglia molto allo specchio che appare in una delle cartoline di Nakahara, non vi pare? Questo perche' sono specchi tradizionali e dalla forma molto particolare, usati dalle geisha.

A pochi passi dal mercatino, c'e' il famoso zoo di Ueno.
Devo fare una piccola premessa: non amo molto gli zoo perche' mi trasmettono un senso di tristezza e desolazione, ma mio marito ama molto visitarli e cosi' l'ho seguito, anche se un po' riluttantemente.

Devo dire pero' che questo zoo mi ha fatto un'impressione un po' diversa del solito forse grazie alla sua lunga storia. E' uno zoo famoso soprattutto per un tristissimo evento capitato durante la seconda guerra mondiale: l'esercito giapponese ordino' che tutti gli animali dello zoo fossero uccisi per evitare che, durante i bombardamenti, scappassero e finissero nelle citta' a seminar terrore (ma non ci stavano gia' pensando le bombe a seminar terrore?)

Il personale dello zoo fece ripetuti e accorati appelli affinche' la vita degli animali venisse risparmiata, chiedendo che fossero trasferiti altrove, ma le loro richieste vennero ignorate.

Allo staff dello zoo non rimase altra scelta se non quella di dire addio agli animali, dando loro del mangime avvelenato. Quasi tutti gli animali fecero quell'ultimo pasto che sapeva di morte, tranne tre elefanti: John, Tonky e Wanly. Loro avevano fiutato l'odore della morte nel mangime, e si erano categoricamente rifiutati di morire come tutti gli altri loro compagni di zoo.

I guardiani di questi tre elefanti pregarono giorno e notte affinche' venisse fuori il modo con cui salvare la vita dei tre pachiderma a loro cari, ma il tragico destino dei tre animali sembrava segnato. I tre elefanti, infatti, avendo rifiutato il mangime avvelenato, si lasciarono morire di fame, quasi come se volessero far capire che siccome qualcuno aveva deciso di ucciderli, sarebbero allora stati loro stessi a decidere come e quando togliersi la vita. Un ultimo gesto estremo di grande dignita' che spero sia pesato come un macigno sulle coscienze di chi avrebbe potuto far qualcosa e che invece ha preferito voltarsi dall'altra parte.

Ancora oggi si ricorda questo triste avvenimento, e infatti all'interno dello zoo c'e' la tomba dei tre elefanti su cui, dopo tanti anni, i bambini giapponesi vengono ancora a posare tante piccole gru di carta di origami.

Ho voluto visitare lo zoo di Ueno anche per ricordare non solo gli elefanti, ma tutti gli animali che persero la vita per colpa della guerra e per colpa di qualcuno che non ritenne necessario fare uno sforzo affinche' queste creature non dovessero pagare per gli orrori dell'uomo.

Qualche foto di questo vecchio zoo:




In un angolo di questo enorme zoo, c'era addirittura una vecchia pagoda buddista e interamente lasciata in mano ad un numero imprecisato di papere! Era come se le papere fossero le proprietarie indiscusse del vecchio edificio religioso. Ecco alcune foto molto suggestive di questa pagoda baciata dal sole del tardo pomeriggio:


Sono rimasta incantata anche da un'elaboratissima sala da te' all'aperto che il governo tailandese ha regalato al Giappone, in segno dell'amicizia e collaborazione fra i due Paesi.
L'incantevole struttura e' inutilizzata, e sembra essere una delle mete preferite dai bambini che ci vanno per giocare a nascondino. Ecco alcuni dettagli, squisitamente tailandesi, della splendida struttura:

Il sontuoso soffitto:

E' stata una vacanza breve ma intensa e che ricordero' per sempre.

Io spero sempre che attraverso le mie foto e le mie descrizioni anche voi possiate visitare il Giappone, e ne possiate cogliere le tante piccole ed incantevoli bellezze che sanno lasciarmi a bocca aperta e con lo sguardo sognante.

Vorrei terminare l'articolo di oggi, mostrandovi i wagashi di Ishii-san del mese di dicembre:
Yookan, mochi, dorayaki e degli artistici mochi festivi:


Dalla nostra vacanzina tokyota, mi sono portata a casa anche un libro intitolato "Autobiography of a Geisha" di Masuda Sayo, un libro che ho gia' quasi terminato di leggere e che vorro' assolutamente recensire perche' e', secondo me, un documento fondamentale per tutti coloro interessati al mondo delle geisha; un'opera che non puo' mancare nella collezione degli appassionati del Giappone perche' offre uno sguardo sincero ed onesto in un mondo fin troppo idealizzato, un mondo che se osservato da dietro le quinte non e' poi cosi' misterioso e poetico come si puo' pensare.